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La Formazione è un'emozione

giovedì 31 maggio 2012

Siamo praticanti o caporali? - The end (?) 31-5-12

Mi ero ripromesso di non proseguire con questa saga, che pure ha visto, tra tutte le sue puntate, oltre 10.000 pazienti e curiosi lettori.
Di recente, però, mi sono tornati alla mente alcuni episodi che mi sembrava offensivo non menzionare, in quanto perfettamente coerenti con il senso di questa rubrica, da seguire con animo leggero e con spirito libero.    
Il titolo del primo episodio lo rubo da una memorabile battuta del film "I soliti ignoti" e dal canovaccio di tanti telefilm d'azione americani
SEGUI QUELLA MACCHINA!!!
Diversi anni fa, una giovane praticante, oggi gratificata da una diversa professione, era felicemente inserita in uno studio legale giovane ma qualificato.
Il capo studio era sempre disponibile per le spiegazioni, era molto corretto per gli adempimenti e non tirava pacchi dell'ultimora (perlomeno più di quanto un capo studio non sia autorizzato a fare...); inoltre, udite udite, a fine mese riusciva perfino a riconoscere un seppur minimo rimborso spese alla collega praticante.
Questa situazione ideale era resa ulteriormente gradevole dal fatto che la collega avesse stretto amicizia anche con la moglie del capostudio, che ogni tanto veniva a fare visita al marito, al fine, se capitava, di andare poi tutti insieme, praticante compresa,  a mangiare una pizza o a bere una birra.
Una sera di inverno, però, accadde l'imponderabile.
La giovane collega usciva, dopo una allegra serata di bevute, da un locale tedesco sito a Cagliari in una via alberata, poco dopo la via Roma.
Al momento di entrare in macchina, la collega vide transitare la inconfondibile macchina super ultra accessoriata del capostudio Tizio.
L'ebbrezza alcolica, unita alla prima brezza di inverno, fece venire alla collega la voglia di non rientrare subito a casa.
"Segui la macchina di Tizio" disse al fidanzato, "è sicuramente con la moglie Caia, vedrai che li convinciamo ad andare da qualche altra parte insieme a bere un'ultima birra".
La macchina turbo nonsochè di Tizio proseguiva lenta lungo il viale alberato e ciò permise ai due fidanzati di seguirla con facilità, intravedendo le due teste del guidatore e della passeggera.
"Guarda, sta accostando vicino a quel distributore, affiancali così gli lancio un urlo e li faccio spramare!!!" fece la giovane.
Quante pessime idee ci passano, a volte, per la testa, e quante parole in più del dovuto abbiamo tutti  pronunciato nella nostra vita (che pure vanno a compensare le parole non dette quando sarebbe invece servito...).
"Cuccati!!!" fu l'urlo da stadio proferito dalla collega verso la coppia seduta nell'altra macchina,  amplificato da un tasso alcolemico di certo superiore ad 1,5.
Ci sono però attimi che diventano interminabili; l'universo intero, in certi momenti, si ferma come se fosse in attesa di un nuovo e definitivo big bang.
Questo fu uno di quegli istanti.
Fotografia Polaroid (o Instagram per i più aggiornati):
Le due macchine affiancate nel viale alberato, quattro persone che si scambiano sguardi frastornati.
Zoomata sul dettaglio:
tre cittadini comunitari che non riescono a spiccicare parola ed una cittadina di colore, chiaramente extracomunitaria visto che ha un abbigliamento poco adatto al nostro inverno, che scappa dalla macchina gridando "Polizia, Polizia!".
Titoli di coda:
Il capo studio, rimasto ormai solo in macchina, che calca sull'acceleratore e in meno di dieci secondi dimostra la potenza della sua macchina.
Ce n'è abbastanza per una sceneggiatura di qualche fiction da mezza serata.
Che notte di tormenti fu quella per la giovane collega, di colpo rinsavita dalla sbornia.
E che incertezze sul futuro prossimo: "devo dire tutto alla moglie? Lei deve sapere, magari c'è anche un problema di sieropositività"; oppure anche "Ma con lui devo parlarne? Magari mi saprà dare uno straccio di spiegazione" (n.d.a. sì certo! magari prendendo spunto da qualche vecchio film di Almodovar o qualche b-movie tanto caro a Tarantino)  
Da ultimo "E io devo rimanere in studio? ma se vado via che cavolo faccio a meno di sei mesi dall'esame?"
Verso le quattro del mattino la decisione: "Ma certo! Sono sicura che affronterà lui il discorso, mi convincerà e saprà gestire al meglio il tutto! Meglio dormire adesso"
La mattina dopo, nell'entrare in quello studio, niente, però, sembrava più come prima, ogni cosa aveva un sapore diverso e tutto profumava di ambiguità.
La ragazza aspettò un giorno e poi due e poi tre. Nessun accenno all'accaduto da parte del capostudio.
In realtà, non vi fu più alcun segno di esistenza ulteriore del capostudio. 
Adempimenti scritti in un foglietto, fondo cassa consegnato a mezzo segretaria, serate intere senza alcuna disposizione o richiesta di ricerche o redazione atti.
Dopo due settimane, la lieta avventura poteva dirsi conclusa, alla pari della pratica; nessuna ulteriore necessità della sua presenza da parte dello studio e nessun reale stimolo a rimanere in quelle stanze da parte della collega. Come dirsi addio senza rivolgersi la parola.
E la moglie? Chiederà qualche curioso!
La moglie è sempre lì, che ogni tanto va a fare visita in studio al marito ed a fare conoscenza con il nuovo praticante, un simpatico giovanotto maggiormente pragmatico e, soprattutto, molto ma molto miope, che non saprebbe neppure riconoscere una cinquecento da una megaautomobile...

Il secondo episodio, che unisce il diavolo con l'acquasanta, mi sento invece di intitolarlo, più pomposamente
ART. 19 COSTITUZIONE ITALIANA
Confessatelo!
Non vi ricordate a quale insostituibile principio etico si riferisca questo articolo della nostra Costituzione.
Se non ripassate adeguatamente, farò la spia con chi oggi si compiace di citare, in ogni occasione ufficiale, con militare coerenza, passi interi della Carta Costituzionale.
Vi do un aiutino: si tratta della libertà  di professare la propria fede religiosa, sempre e comunque.
Beh, non mi si verrà a dire che ci sono studi nei quali gli aspetti religiosi prevalgono sulla preparazione, nei quali la conoscenza delle scritture si affianca, laddove non si sovrappone, al codice civile?
In tutta sincerità, credo che questa della religione, a fronte di altre fisse dei capistudio, non sia certo tra le più frequenti, superata com'è dalla preferenza per praticanti di un particolare sesso, tifosi della stessa squadra, frequentanti la medesima palestra, una identica parrocchia politica o circoli degli appassionati della geometria.
Un collega amico, ad esempio, amava definire in questo modo il praticante dell'epoca: "è un ottimo compagno di bevute e ci divertiamo molto nei fine settimana ma di diritto non capisce una mazza!"
E' normale, mi si dirà, scegliere tra soggetti a noi affini le persone con le quali trascorrere buona parte della giornata.
Io, personalmente, ritengo maggiormente formativo e costruttivo avere contatti con persone che siano libere di pensare e vivere in modo anche diametralmente opposto al mio, fatti salvi i capisaldi della serietà (quando serve), bravura, educazione ed intelligenza.
Comunque, a parte  le mie usuali divagazioni, un collega riteneva che, per una sempre maggiore coesione di intenti, i colleghi di studio dovessero obbligatoriamente accomunarsi, il venerdì pomeriggio, in una salvifica recita collettiva del rosario, riuniti circolarmente in una stanza dello studio  e pronti a proseguire una ideale staffetta tra il Padre Nostro e la Ave Maria.
Tutto questo, diceva il capostudio, ovviamente con la massima libertà e senza particolari vincoli, se non quello che le usanze dello studio sono inviolabili, sacre appunto!, e che chi non si adegua non è pronto per fare la pratica con me.
Attenzione: siccome l'argomento religioso è giustamente - e come detto costituzionalmente - prezioso, ci tengo a precisare che io non mi sogno minimamente di stigmatizzare alcuna pratica religiosa e men che meno una importante sacra funzione del cattolicesimo.
Mi sembra però che, messa nei termini tutto sommato iniqui della pressione ambientale del capo studio, al quale puoi dire di no ma se dici di no quella è la porta, anche una legittima pratica religiosa diventi prevaricazione di un diritto altrui, quello di andare in studio per lavorare e non per condividere scelte religiose altrui, oppure di non andare in studio, il venerdì sera, per non fare cose in cui non si crede.

La terza e ultima pillola nasce da una contestazione che mi è stata mossa in questi mesi.
"Scrivi bene tu" mi è stato detto, "mettendo in piazza i difetti e le paranoie altrui; perchè non parli anche di quello che possono pensare di te le persone che hanno fatto pratica nel tuo studio?"
Beh, la risposta è intuitivamente semplice.
Quello che io faccio, gli errori od anche le peggio cavolate che possono risultare intollerabili per chi ha o ha avuto la sfortuna di stare in studio con me, da tutti possono essere conosciute tranne che dal sottoscritto, visto che sarei comunque l'ultima persona alla quale verrebbero riferite.
Spero solo che chi è stato in studio con me mi riconosca, oltre a tantissimi difetti, quanto meno la buona fede, la aspirazione di cercare sempre una soluzione condivisa e mai imposta dall'alto.
Comunque, visto che mi è stato richiesto, voglio ricordare in questa sede almeno un aneddoto che mi vede inglorioso protagonista e che, parafrasando, si intitola:
UN SMS TI ACCORCIA LA VITA!!!
Parecchi anni fa, presi in studio il mio primo praticante, un ragazzo molto simpatico che mi era stato caldamente raccomandato da un amico fraterno.
Andavamo molto d'accordo e, anche in quel caso, avevamo alcune passioni comuni, la musica ad esempio, ed altre diverse, con opinioni spesso antitetiche.
Dalla prima settimana, si capì che il ragazzo, di seguito denominato Mevio, non amasse il diritto e non lo sentisse nelle sue corde professionali e umani. Dippiù: a mio avviso lo detestava proprio!
In ogni caso, nei primi mesi si impegnò molto, cercando di fare buon viso a cattivo gioco e di farsi piacere le cose che faceva.
La sua presenza in studio aveva poi una indubbia utilità, in quanto consentiva a tutti di avere sempre un aggiornamento sulla ora esatta, manco fossimo in perenne collegamento con l'orologio atomico di Greenwich.
Ogni santo giorno dell'anno, fosse in atto una bufera, ci fossero anche un milione di adempimenti arretrati o stesse per cascare il mondo, alle ore 18.30 Mevio si alzava dalla sua scrivania ed usciva dallo studio.
Si recava in una vicina pizzeria ed acquistava, invariabilmente, una pizzetta ai frutti di mare ed una coca cola light.
Dopo di che tornava in studio, si toglieva la giacca e, seduto nuovamente nella sua sedia, si gustava in santa pace il pasto pomeridiano.
Niente poteva impedire questo rito; nè una telefonata improvvisa od un cliente impaziente potevano smuovere Mevio prima che, in una buona mezzora sindacale, venisse espletato il rito della merenda.
Dopo di che, finita la pizzetta e prosciugato l'ultimo goccio di coca light, Mevio si riaccorgeva della esistenza del mondo circostante e, abbandonate le cozze, riprendeva a masticare l'amaro diritto.
Ma questo è solo il cappello per descrivere l'amico praticante, non certo l'episodio che vede anche il sottoscritto come protagonista in negativo.
In quei pochi mesi, avevo ormai familiarizzato con la impazienza di Mevio di andarsene dallo studio e di chiudere ogni attività entro e non oltre le ore 19.55 (i cinque minuti finali servivano a suo dire per mettersi il giubbotto, fare il giro dei saluti e prendere l'ascensore).
Ebbene, un giorno mi trovavo a Roma per lavoro ed ero in procinto, intorno alle 18, di imbarcarmi per il rientro a Cagliari.
Sempre per rimanere in tema delle parole in più da evitare, decisi di fare uno scherzo a Mevio e lo chiamai in studio proprio mentre ero sull'autobus verso l'aereo:
"Pronto sono Alberto, volevo avvisarti che ho perso l'aereo e che prenderò il prossimo alle ore 20.
Piuttosto, visto che sarò in studio intorno alle 21.30, ti prego di aspettarmi perchè dobbiamo stabilire un piano d'azione per domani e ti devo dire delle cose importanti".
Quale flemma seppe mantenere Mevio in quella occasione, con quale nonchalance mi rispose:
"Va benissimo, non c'è nessun problema".
Piuttosto, proprio mentre ero sulla scaletta dell'aereo, mi sentti vibrare, bzzzzz, bzzzzz, un messaggio in arrivo.
Arrivai al mio posto e, prima di spegnere il telefono, lo lessi.
Mittente Mevio: "lo str*#§zo ha detto che lo devo aspettare, non ci possiamo vedere".
Lo ammetto, impiegai cinque minuti buoni per capire che il messaggio non era indirizzato a me ma ad un'altra persona e che io ero invece il triste argomento del messaggio, ridotto a mero oggetto di una evacuazione intestinale. 
Ah, passai l'ora abbondante del volo a scervellarmi su quali torture avrei potuto compiere sul praticante, quali sevizie avrei potuto infliggergli per l'insulto rivoltomi.
Sia ben chiaro che ero perfettamente consapevole di essermi messo da solo nelle condizioni di ricevere una maledizione.
Quello che invece mi dava fastidio è che si percepiva benissimo che l'insulto non fosse estemporaneo ma gli venisse dal cuore, esprimesse un malessere che andava oltre il ritardo di un'ora ma che riguardasse l'intera pratica, l'intero rapporto con il sottoscritto.
Dopo avere più volte, durante il volo, infilato cento spilloni nel cuore del praticante e dopo essermi ripromesso di farlo volare dal quarto piano, arrivai in studio alle 19.15, proprio dopo che lui aveva finito la pizzetta.
Ci guardammo negli occhi, lui capì che io avevo scherzato ed io capii in un attimo tutto il suo tormento dello stare in un posto del quale non gliene importava nulla a fare una professione che gli faceva schifo.
Capimmo entrambi che non c'era niente di male tra di noi, se non che ad uno piaceva quello che faceva ed all'altro no e che non ci saremmo mai potuti incontrare su quel terreno.
Un mese dopo, venne da me in stanza e mi disse che si trasferiva in un'altra città e che aveva accettato una offerta di lavoro in un settore completamente diverso.
Ci lasciammo, per quello che mi riguarda, in buoni rapporti, anche se non è mai più capitato di incontrarci ed io ho conservato di lui solo un maleodorante messaggio.

E questo è tutto! praticanti e avvocati continueranno a frequentarsi ed a lamentarsi gli uni degli altri.
I primi non accetteranno regole ed abitudini imposte dai secondi ed i secondi non riusciranno a capacitarsi del tempo volato via negli ultimi dieci-vent'anni e di quanto appaiano datati agli occhi di un neolaureato.
Ah, dimenticavo, buona parata per la festa della Repubblica a tutti!!!
Alberto Filippini
Responsabile ABCMediazione



 

       







martedì 3 aprile 2012

Siamo praticanti o caporali? parte quinta 2-4-12

E' da un mese passato l'8 marzo e mi sembra giusto, nell'affrontare un nuovo capitolo di questa saga, dedicare spazio alle storie, passate e recenti, che hanno avuto come protagonista il sesso femminile.
La prima storia potrebbe chiamarsi 
NO SMOKING
o, per voler mantenere un certo aplomb giuridico, art. 51, comma 2 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, come modificato dall'art. 7 della legge 21 ottobre 2003, n. 306, in materia di «tutela della salute dei non fumatori». 

Una collega, neo praticante, riuscì finalmente a trovare uno studio di avvocato nel quale fare pratica.
Tutto sembrava filare liscio e la giovane era sostanzialmente soddisfatta.
Piuttosto, il capo studio era un accanito fumatore e la postazione di lavoro della praticante, o meglio lo strapuntino dove poteva almeno poggiare il sedere, si trovava a ridosso della scrivania del boss.
Lei, al di là di ogni scomodità sostanziale, aveva anche un grosso problema di allergia al fumo, il che la portava, praticamente, a non riuscire più a respirare causa l'immediato rigonfiamento delle vie aeree.  
Con il garbo e la moderazione che va riconosciuto ai più educati, la collega provò a sensibilizzare il collega anziano, al fine di avvisarlo della esistenza del problema, peraltro visibile ad occhio nudo, visto che il suo collo si gonfiava immediatamente come la rana di Fedro. 
La praticante, volendo essere propositiva, ipotizzò che magari il capo studio avrebbe potuto fumare in un altro ambiente, oppure le avrebbe potuto consentire di spostarsi quei dieci minuti che servivano per fumare ed areare il locale dopo la pippatina.
L'austero avvocato, con animo benevolo, non diede subito una risposta ma promise di pensarci su e studiare a fondo la questione; le stesse parole che diceva pomposo ai suoi clienti prima che, dopo averli congedati, chiedesse aiuto alla praticante.

Passò un giorno, poi due e poi una settimana.
La praticante provò timidamente a chiedere al capo se avesse ponderato a sufficienza su quella risibile vertenza interna, che metteva a serio rischio la sua incolumità; l'avvocato, questa volta un po' seccato per l'impudenza, assicurò che entro il giorno successivo si sarebbe espresso in proposito.
Ebbene, la mattina dopo fu una gioia vedere entrare in studio il capo studio con un sorriso smagliante. E' fatta, pensò la praticante, ha trovato una soluzione che vada bene ad entrambi.

Il capo, sornione, le porse il pacchetto di sigarette e le disse: Fuma, fuma anche tu!
Lo sguardo incredulo della ragazza impose all'avvocato delle infastidite spiegazioni, anticipate da uno sbuffo: "Ho letto su internet che, per alcune allergie, si può provare ad attenuare i fastidi con l'ingerimento ripetuto della sostanza. Secondo me possiamo provare, magari per una settimana o due, a fumare insieme, così, se ti abitui, avremo risolto tutti i problemi. Per le sigarette non ti preoccupare, per questo primo periodo te le offro io! Guarda, comunque, che faccio questo solo perchè non mi va di perderti, io ti apprezzo molto".
In qualsiasi rapporto, anche professionale, io credo che ci si debba apprezzare in due e la ragazza, non riesco ancora a capire perchè, si recò all'Ordine per cercare un nuovo studio.
  
SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE AVVOCATESCA
 Ebbene sì, esiste in natura, non ancora codificata penalmente, anche questa fattispecie, un misto tra violenza sessuale, sfruttamento della prostituzione e mobbing, perfetto mix adatto alle corde di qualche brillante legale.
Un avvocato rampante, diversi anni fa, diede spazio in studio per la pratica ad una giovane e bella collega.
Quest'ultima non passava certo inosservata ed aveva un discreto codazzo di tifosi.
Un pomeriggio, la praticante comunicò distrattamente al collega che il magistrato Caio, dall'occhio allenato, la stava marcando stretta e più volte, a Palazzo, le aveva fatto delle ardite profferte, peraltro sempre cortesemente rifiutate. 
L'avvocatone, lungi dall'esprimersi negativamente su quanto accaduto, si limitò a chiedere alla praticante se Caio avesse anche chiesto con chi lei stesse facendo la pratica.
"Beh sì, gli ho detto che sono in studio con lei".
"Ah, e lui non ti ha detto niente su di me?"
"Mmmm, no, mi sembra che abbia giusto annuito, senza commentare", rispose la ragazza, omettendo, con ammirevole intuito, di riferire che la risposta esatta del magistrato fosse stata "E ti trovi bene da quel pallone gonfiato?"
Qualche giorno dopo, il capo studio fece ingresso nella stanza della ragazza e, sorridendo, le fece una proposta:
"Senti, non so se hai visto che noi, tra due settimane, abbiamo la discussione finale del processo contro Mevio" (si trattava del più importante cliente dell'avvocato, peraltro un modesto truffatore)
Il Giudice è Caio e, visto che tu hai questo splendido ascendente su di lui, ti vorrei chiedere se potessi, magari qualche giorno prima per non farla troppo sporca, accettare quel suo famoso invito.
Tu magari fai la carina con lui, ci fai quello che vuoi, e nel frattempo introduci l'argomento Mevio.
Potresti magari dirgli che si tratta di un tuo caso e che ci tieni tanto.
Se poi vinciamo e lo assolve, ti posso anche dare una parte della parcella".
"Scusi se glielo chiedo, avvocato, ma se io fossi sua figlia lei mi proporrebbe la stessa cosa?
A me sembra leggermente immorale e, francamente, per me ci può andare lei con Caio e potete fare tutto quello che volete"
Ebbene, ci sono persone che accettano gli insuccessi con stile anglossassone, oggi la stampa di regime direbbe con sobrietà; ce ne sono altre, invece, per le quali i rifiuti, soprattutto alcuni rifiuti, non possono che essere lavati con il sangue, o sciacquandosi la bocca con l'acido:
"Ascoltami tu, brutta s*##*@ e anche t*^&@! Pensi che io ti tenga in studio perchè sai fare qualcosa o perchè madre natura ti ha regalato un bel c§*%?
Guarda che devi imparare subito ad usare le tue armi perchè di intelligenza ne hai molto ma molto poca, stai buttando via la tua fortuna. Sparisci!!!"
La ragazza, per un attimo, nell'andarsene dallo studio, pensò anche di denunciare il fatto alle competenti Autorità ma, raccolte un po' di informazioni su alcuni intrecci familiari, preferì infine mettere una pietra sopra la vicenda ed accettare il posto fisso che le venne offerto da una importante azienda. Alla faccia del magistrato Caio, del delinquente Mevio e di quel pappone mancato del capo studio.

La terza storia femminile mi riguarda, sia pure di riflesso, e potrebbe intitolarsi, visto che oggi sono in tema di citazioni da Fedro

Cerebrum non habet
Ogni anno, al momento di pubblicizzare i corsi Abclex, vengono affisse, al Palazzo di Giustizia, le locandine. 
Ogni anno, però, questa operazione deve poi essere ripetuta più volte. Ciò in quanto, con la dose di mistero che accompagna gli edifici infestati dai fantasmi, le locandine vengono inspiegabilmente rimosse, strappate e fatte in mille pezzi o, nei casi più fortunati, utilizzate come base per locandine relative ad altri eventi o corsi.
Fatto sta che non ho mai ritenuto di sollevare il problema e, fintanto che le molestie sono rimaste nell'ambito dei danneggiamenti adolescenziali, me ne sono abbondantemente fregato.
Due anni fa, però, una circostanza mi ha particolarmente indisposto: una delle locandine veniva sistematicamente rimossa in uno stesso andito, non importa quante volte io la facessi sistemare.
Una mattina, alcuni amici che lavoravano negli uffici attigui mi comunicarono di essere sicuri che l'opera di rimozione fosse avvenuta, quella volta, ad una ora precisa, visto che avevano notato la locandina e, cinque minuti dopo, non la avevano più trovata al suo posto.
Beh, pensate di me quello che volete, che potevo impiegare meglio il mio tempo o che sono un inguaribile curioso; nell'occasione, scelsi però di andare fino in fondo.
Dopo una certa trafila burocratica, riuscii ad ottenere legalmente copia dei filmati delle telecamere interne del Palazzo posizionate in quella zona e, dunque, in grado di aiutare la identificazione.
Tornai in studio e mi misi a guardare i filmati.
All'ora che mi era stata indicata, vidi un'ombra che si avvicinava alla locandina e che, con un certo impegno, la staccava dalla bacheca, impiegandoci - se vogliamo essere precisi - del tempo notevole, vista anche la discrepanza tra la sua altezza ed il posizionamento della locandina.
La successiva inquadratura da altra telecamera più vicina mi fece sobbalzare: altro che spirito antico di qualche ladro condannato ingiustamente; e non si trattava neppure di uno scherzo infantile del Fantasma Formaggino!!! Una gentile e cortese collega, con indicibile premura, dopo avere strappato la locandina, se ne impossessava ripiegandone i pezzi con cura e ponendoli nella sua borsetta dall'inconfondibile stile da fricchettona fuori contesto storico.
Ah, quante cose avrei potuto fare! Avrei potuto prenderla a calci nel sedere, oppure, con un certo senso del contrappasso, presentare un esposto nei suoi confronti; od anche, volendo essere perfido, proseguire la vicenda con una querela con allegati i filmati.
Alla fine, ho scelto un'altra strada, molto più intimista ma di gran lunga più soddisfacente per me, che mi consente oltretutto di non avere nulla da condividere con lei, neanche un procedimento di alcun genere nel quale lei rivesta la qualifica di accusato. 
Quando sono giù di morale, o quando mi capita di fare qualcosa di sbagliato, me ne torno in studio, mi metto al pc e mi gusto il filmato che la vede protagonista; lo guardo e mi appago, pensando alla sua miseria morale ed al tempo che costei dedica a questo piccolo ma sistematico atto vandalico, guardandosi attorno come solo i ladri dalla consumata esperienza sanno fare.
La guardo e penso che qualunque errore io possa fare nella vita, qualunque sciagura possa capitarmi, non potrò mai scendere così in basso e mi rincuoro, non potrò mai essere come lei.
In fondo, anche un esempio negativo è utile come termine di paragone.
Visto anche che siamo in clima pasquale, a volte penso che sarebbe bello condividere con tutti questi miei momenti di terrena soddisfazione; poi, però, prevale la mia natura egoistica e preferisco tenere per me questo piccolo, grande  privilegio...
  
Buona Pasqua a tutti!!!

Avv. Alberto Filippini
Responsabile ABC Mediazione






 

giovedì 2 febbraio 2012

Italiani, popolo di santi, navigatori e candidati

"Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria.
L'ora delle decisioni irrevocabili. Ho deciso di non entrare in guerra!!!
(Azz.., ma oggi è già giovedì? Mannaggia, ho sbagliato documento)
Ehm rettifico, Combattenti di terra, di mare etc. etc. etc.
L'ora delle decisioni irrevocabili. Ho deciso di entrare in guerra!!!"

E così, dopo settimane e settimane di campagne elettorali, di mosse a sorpresa e di manuali Cencelli in applicazione Ipad, siamo arrivati al ballottaggio, al temutissimo ballottaggio delle elezioni del Consiglio dell'Ordine.
Sulla scorta di quanto accaduto soprattutto negli ultimi giorni, e a prescindere dalle legittime preferenze di ciascuno, io credo sia arrivato il momento di ristabilire alcuni principi generali; alcuni punti fermi che mi sembra - credo di non sbagliare - possano essere condivisi.
L'avvocatura italiana vive un momento di profonda crisi e gli avvocati sardi non si discostano certo da questo stato comatoso della società e della giustizia.
Vi sono problemi irrisolti anche nel Foro di Cagliari, piccoli, grandi ostacoli ad un esercizio sereno, umano della professione.
Il Consiglio dell'Ordine, esprimo una opinione personale, sembra essere invece, da sei-otto anni, paralizzato da una assurda guerra tra guelfi e ghibellini, gli uni contro gli altri armati e animati, spesso, solo da spirito di rivalsa nei confronti dell' "avversario". 
Tutto questo finisce, agli occhi di un peone come il sottoscritto, per rendere ancora più disarmante la situazione di crisi e ancor più distaccato e disamorato il rapporto che ogni singolo avvocato ha con quelli che dovrebbero essere i propri punti di riferimento del Consiglio dell'Ordine.

A fronte di questa situazione, che avrebbe dovuto indurre tutti a riportare le elezioni in una giusta dimensione, importante ma non vitale, nelle ultime settimane si è invece visto e sentito di tutto: accuse di tradimento per il solo fatto di essersi candidati con i "nemici"; voltafaccia improvvisi, saluti negati da chi ti conosce da una vita, ostracismi ideologici e clientelari e, at last but not least, parole offerte al vento che, in quanto tali, possono poi essere girate, trasformate, rinnegate ed utilizzate, ancora una volta, ad uso e consumo di interessi e promesse di poltrone.
Io, verso tutto questo, mi dispiace dirlo ma inizio a provare un senso di noia, per non dire di peggio.
Ad un giorno delle elezioni, mi sembra di non sbagliare se dico che il 99,9 per cento dei colleghi avvocati non ne può più di beghe e polemiche, minacce di purghe staliniane in caso di vittoria alle elezioni e di occupazioni militari del potere forense.
Non vorrei che il detto: Vae Victis, Guai ai Vinti, detto da Brenno al momento della occupazione di Roma, diventasse anche il motto di qualcuno che vede nella elezione al Consiglio un modo per occupare potere, sfogare frustrazioni personali e chissà cos'altro. 
Se potessi scegliere, mi piacerebbe invece che il nuovo Consiglio, da chiunque sarà composto, si riprometta di agire ispirato da tre principi, semplici ma decisivi:
Trasparenza, Legalità e Serenità.
Ingenuo? Forse.
Innamorato ancora di questa professione? Sicuramente!
Chiunque agirà così avrà il mio appoggio incondizionato.
Agli altri che, invece, dovessero essere ispirati o ri-ispirati da tentazioni clientelari della peggiore politica e società, preannuncio solo che avranno il raro - per la verità rarissimo - onore del mio pubblico disprezzo.

Buone elezioni a tutti!!!

Avv. Alberto Filippini
Responsabile ABC Mediazione 
   
     

giovedì 26 gennaio 2012

ELEZIONI FA RIMA CON INAUGURAZIONI

Sì, oggi mi sento felice!
E non lo dico per riprendere il titolo di una indimenticata canzone del mitico Joe Perrino ma perchè oggi ho finalmente realizzato che anche gli avvocati contano qualcosa.
Beh, senza volersi allargare, diciamo che, più che contare, gli avvocati evidentemente valgono qualcosa.
Da cosa me ne sono accorto?
Ma è semplice, semplicissimo! Vi do due indizi:
Ehm, dunque: siamo in Italia e siamo alla vigilia delle elezioni del Consiglio dell'Ordine e della sua irrinunciabile costola delle Pari Opportunità.
E cosa accade in Italia, a tutti i livelli, quando si è vicini alle elezioni?
LE INAUGURAZIONI!!!
Si inaugurano uffici, ospedali, asili. Ci si mette la fascia tricolore, il gonfalone, il vestito delle occasioni importanti e si inaugura qualsiasi cosa.
L'Ordine, ovviamente, non potendo inaugurare strade, ha inaugurato delle sale, con tanto di foto, articoli e belle pose elettorali.
Sgombriamo il campo da ogni sospetto. Una delle sale inaugurate è stata intitolata all'Avv. Aldino Marongiu e si tratta di un provvedimento sacrosanto, al più tardivo.
Se proprio vogliamo essere politicamente corretti, inoltre, possiamo anche rallegrarci per la inaugurazione di un'altra sala, rosa questa volta, per le donne avvocato. (contente loro per il colore, contenti tutti!)
Quello che però balza agli occhi è il tempismo di queste inaugurazioni, la sua perfetta sincronia con il momento elettorale.
Già abbiamo visto le patologie durante lo svolgimento delle elezioni e adesso mi ci mancavano le inaugurazioni elettorali, manco l'Ordine fosse l'ultimo degli Enti inutili da sopprimere.
Prendiamo ad esempio il Comitato Pari Opportunità, che inaugura la sua bella sala alla vigilia delle elezioni e fa pubblicare un articolo di giornale involontariamente fuorviante, che riporta i nomi delle candidate appartenenti ad una sola lista, dimenticandosi di quelle di altro schieramento.
Quello delle PO mi sembra un esempio tipico di come, in perfetto stile forense, vengano redatti i regolamenti ma, a volte e per errore, questi rimangano in un cassetto. 
Costituito con delibera del Consiglio dell'Ordine  del 24 giugno 2004, era previsto dal regolamento che 12 (su 15) componenti venissero eletti contestualmente alle elezioni dell'Ordine.
Leggo, dal sito dell'Ordine, che il Comitato si sarebbe insediato nel maggio 2008 a seguito di una assemblea degli iscritti.
Assemblea? Ma non si era stabilito che i membri dovessero essere eletti  a seguito di elezioni da svolgersi contestualmente a quelle del Consiglio dell'Ordine?
Ma forse ho sbagliato io a leggere il regolamento. Giusto per evitare fraintendimenti, però, con ammirevole piglio istituzionale, nella home page del Comitato campeggia bene in vista la scritta che il Comitato dura in carica un biennio e l’elezione dei suoi componenti avverrà contemporaneamente al rinnovo del Consiglio dell’Ordine nel 2010 secondo le norme del proprio regolamento elettorale.
Nel 2010? E chi le ha viste le elezioni del Comitato nel 2010?
E vabbè, mica crolla il mondo se, in barba a quanto previsto da leggi e regolamenti, si salta un turno elettorale e si rimane in carica un quadriennio, per cortesia non mettiamoci a fare gli avvocati...
Certo, per ingigantire la questione, nessuno avrebbe avuto da ridire se, al termine di un mandato parlamentare, il Governo avesse stabilito di procrastinare il proprio incarico per altri cinque anni senza svolgere nuove elezioni.
Eh già, io ci provo a non fare il leguleio ma un po' di pizzicore per queste cose mi rimane...
Anche perchè, mi sembra di avere capito, per le - finalmente programmate - elezioni del Comitato si fronteggiano due liste, ognuna delle quali ha presentato la sua locandina, le foto delle componenti ed il programma.
Scusate se insisto con il richiamo alle norme ma l'Art. 4 del loro regolamento elettorale prevede che le candidature debbano essere individuali e i candidati, proprio per evitare la contrapposizione di liste,  debbano essere inseriti in un unico elenco in ordine alfabetico.
Ma insomma, visto che il regolamento elettorale non lo ho predisposto io ma chi sta lì, non potevate farlo ad immagine e somiglianza di quello che intendevate fare?
Che senso ha scrivere che non si fa campagna elettorale nei seggi e poi la si consente, che il Comitato doveva essere eletto nel 2010 e siamo nel 2012, che le candidature debbono essere individuali e sono state accettate delle liste di gruppi contrapposti? 
Perchè mi dovete costringere a dire che, a leggere il vostro regolamento, non si stanno rispettando le regole?
Il tutto, poi, e lo dico con franchezza, mi lascerebbe indifferente se non fosse che, sempre dal famoso regolamento istitutivo, è previsto che il Comitato possa spendere, per le sue preziose attività, non meno del 2% delle risorse economiche del Consiglio dell'Ordine e che non abbia neppure l'obbligo di presentare un bilancio ma un semplice rendiconto.

L'importante, in fondo, è sapere che i nostri denari, perchè di quelli si tratta, vengano spesi in modo oculato.
Beh, giusto per ironizzare, e per le stima che nutro per numerose colleghe che ne fanno parte, alla riunione del 11-11-10 si è deliberato di offrire una cena ad alcune relatrici di un convegno e diverse consigliere si sono dovute sacrificare per parteciparvi.
Al punto successivo del verbale, il Comitato, fattosi serio, ha invece deliberato di organizzare un evento pubblico in Tribunale per festeggiare la nomina di un avvocato al CNF e "di invitare tutte le cariche istituzionali degli Ordini della Sardegna e il Presidente del Tribunale di Cagliari, il Presidente della Corte d'Appello, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale e il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello e i magistrati in sede. Si delibera, inoltre, di estendere l'invito agli altri Ordini Professionali (medici, commercialisti, notai, consulenti del lavoro".
Per essere al completo, a questo fondamentale festeggiamento mancavano i tassisti ed i farmacisti, dopo la liberalizzazione però, in modo da avere un numero più adeguato all'evento (ed alle spese del rinfresco).
E, senza essere inutilmente pedanti, di queste importanti delibere su cene, viaggi e rinfreschi se ne trovano tante ma tante in questi anni di riunioni.
In tempi di crisi, forse, in un momento nel quale in giro aleggia il sentimento diffuso (in perfetto stile Schettino) del "si salvi chi può", una maggiore trasparenza nella gestione dei soldi di tutti sarebbe quanto meno auspicabile, non dico obbligatoria. 

L'altro giorno, invece, ho partecipato ad una riunione a Roma, insieme a tutte le più importanti società editoriali in Italia, accreditate dal CNF, alla pari di Abclex, per la erogazione di formazione telematica per avvocati.
Si è parlato della realtà dei diversi Consigli dell'Ordine e alcune grandi società si sono lamentate del fatto che, in molti Fori, gli Ordini abbiano costituito delle Fondazioni.
In questo modo, dicono loro, si crea un soggetto giuridico diverso dall'Ordine e con modalità elettive svincolate dal noioso responso elettorale; questo soggetto, poi, può diventare la vera e propria cassaforte, con stanziamento di denari e risorse ingenti e relative gestioni clientelari, avulse dal controllo degli iscritti all'Albo.
Preoccupato che ciò possa accadere anche a Cagliari, ho cercato e ricercato nel sito dell'Ordine ma, fortunatamente, spero non per mia distrazione, non ho trovato traccia della costituzione di alcuna Fondazione.
Eppure, alcuni gossip di Palazzo mi danno per certa la notizia che, da tempo, la maggioranza del Consiglio ne abbia deliberato la costituzione, con ampie discussioni sulle modalità di nomina degli amministratori, durata e retribuzioni varie.
Però, penso io, se la Fondazione rientrasse nei piani futuri dell'Ordine, probabilmente ne avremmo avuto tutti conoscenza quanto meno nei programmi elettorali che, in questi giorni, inondano le nostre mail a mo' di spam.
E quindi, aggiungo, se nessuno schieramento ne ha parlato, vuol dire che non rientra nei programmi futuri la creazione dell'ennesimo apparato ingoia risorse.
E poi, da ultimo, tra i Consiglieri dell'Ordine e la Fondazione vi sarebbe comunque incompatibilità e chi è eletto all'Ordine non potrà certo essere nominato per la amministrazione della ipotetica Fondazione.
Pertanto, sono sicuro che nessuno rinuncerà mai a candidarsi all'Ordine in attesa di essere poi nominato alla Fondazione; no, questo proprio non succederà mai!
O è già successo?

Buone elezioni a tutti!!!

Avv. Alberto Filippini
Responsabile ABC Mediazione

martedì 10 gennaio 2012

Le elezioni in salsa forense: farsa o tragedia?

Se nei prossimi quindici giorni, entrando al Palazzo di Giustizia, noterete tantissimi colleghi che vi sorridono, e che, diversamente dal solito, vi chiedono come state, vi offrono il caffè o ridono ad una vostra battuta, ebbene, vi devo dare una delusione:
Non dipende dalla dieta di inizio anno alla quale vi state rigidamente sottoponendo o, per le ragazze, da una scollatura più accentuata.
Non dipende neppure, se vogliamo, dal fatto che tutti, improvvisamente, siano diventati educati ed abbiano iniziato a sorridere al mondo ed agli altri senza distinzioni di sesso, di età e, soprattutto, di censo.
Siamo invece arrivati all'appuntamento tanto (tanto???) atteso negli ultimi due anni:

LE ELEZIONI DEL CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI


Embè? Direte voi!
Cosa te ne importa che vengano svolte, nel più rigoroso rispetto delle regole, le elezioni che porteranno 15 persone, gli Eletti appunto, a governare, anche e soprattutto nel tuo interesse, il sacro mondo della avvocatura?
Beh, se a qualcuno può interessare la mia opinione, adesso mi permetterò di esporla. 
Premesso che l'Italia, da quello che si legge, è il Paese dove in Parlamento siede ogni nefandezza ed ogni piccolezza del genere umano, non mi stupirei certo se qualcuno mi dicesse che ciò avviene, a volte ed in alcune località, anche nel dorato regno forense. Le mele marce, si sa, proliferano ovunque.
Non stento ad immaginare, quindi, che in qualche Foro ci possa anche essere qualche Eletto che non fa gli interessi dei colleghi ma, più meschinamente, i propri e quelli delle clientele che lo hanno fatto eleggere, favorisce Tizio anzichè Caio.

Andiamo oltre, però, la facile - ed inutile - dietrologia e passiamo ad altro.
Prima della sostanza, voglio spendere due parole sulla forma (si sa, siamo avvocati...)
Ho già avuto occasione di ribadire che mi trovo molto ma molto critico nei confronti di un Consiglio che, a fronte di palesi, risapute e cristallizzate violazioni di norme deontologiche, nella specie Art. 25 e 26, relativi all'obbligo di corresponsione di un compenso a collaboratori e praticanti, non abbia mai, MAI, ritenuto anche solo di adottare un provvedimento generico, che so, una circolare, per sensibilizzare i colleghi a questo dovere, il cui inadempimento è sanzionabile disciplinarmente.
Alcuni maligni, ed io non sono tra questi, potrebbero sostenere che ciò dipende dal fatto che gli avvocati sono elettori, mentre i praticanti, perlomeno in quella fase della loro vita professionale, non votano...
Ma, parlando di elezioni e di forma, vi è un altro aspetto che mi fa letteralmente andare in bestia e mi impone di fare un esempio:
Immaginate che nel vostro Comune si voti e che voi, una bella e assolata mattina, abbiate deciso di adempiere a questo fondamentale dovere civico.
Vi preparate, uscite di casa e, a piedi, vi recate al seggio.
Immaginate se, durante il tragitto, dieci, cinquanta, cento persone vi fermassero e, dandovi il loro santino, vi chiedessero quasi in ginocchio di votarli.
Ne scansate uno, due, quindici ma, più vi avvicinate al seggio, più la pletora di questuanti vi assale e, con sorrisi ed ammiccamenti degni di miglior sorte, implora il vostro votino.
E immaginate anche se, ad accogliervi dentro il seggio, con forme meno invasive - ma sempre evidenti - di captatio benevolentiae, trovaste dei candidati e se fosse alcuno di questi a darvi la scheda elettorale.
Se ciò avvenisse, tutti parlerebbero di Stato delle banane, di elezioni da annullare, di severe sanzioni da adottare nei confronti dei responsabili.

Beh, provate ad andare a votare alle elezioni dell'Ordine degli Avvocati e la scena alla quale assisterete è esattamente questa, se non peggio.
Fiumane di colleghi che vi attendono festosi, manco foste il messia, abbracci, richiami ad episodi ed aneddoti che vi hanno accomunato a loro e che si spera possano in qualche modo riscaldare il vostro cuore ed indurvi a dare fiducia al mendicante (il voto).


Nel 2006, preso atto che si trattava di uno spettacolo pessimo ed indecoroso, che creava enorme discredito sulla intera avvocatura e non solo sugli autori di questi comportamenti folcloristici, il CNF ha modificato il codice di deontologia ed ha introdotto i seguenti canoni:

Art. 57 - Elezioni Forensi
I. E’ vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.
II. Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola affissione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni di voto.    

 
Giusto qualche commento di allora su queste modifiche della Deontologia:
"è indispensabile che anche le modifiche, come l'intera struttura del codice, venga attuata, per rappresentare ancora una volta che il prestigio dell'Avvocatura dipende dalla immagine che di essa ciascuno può dare". REMO DANOVI

"Chiunque abbia avuto occasione di partecipare a tali elezioni, avrà avuto modo di imbattersi in iniziative di tutti i tipi con distribuzione di volantini all’ingresso del tribunale e dei locali di voto, palesi e meno palesi inviti a votare l’uno o l’altro candidato, con situazioni francamente imbarazzanti e che, certamente, non aiutano a rafforzare quei canoni di serietà e professionalità che la classe forense – a ragione – invoca e dei quali fa un punto d’orgoglio". Giovanni Pattay


Beh, come credete che si siano svolte le elezioni del 2008 e del 2010?
Con le stesse modalità di un mercato maghrebino durante la macellazione islamica o con flemmatico ordine anglosassone, in dipendenza anche dei nuovi divieti deontologici imposti ai candidati?
ESATTO!!!
Con le stesse, identiche patologie del passato.
Credete che l'Ordine abbia mai adottato alcun provvedimento contro la violazione, evidente, lampante, dell'Art. 57 della Deontologia?
Che io sappia mai. MAI!
 
Ma, siccome sono avvocato e conosco i miei polli e, per pari opportunità, le mie galline, so già quale sarà l'obiezione di qualche avvocato di qualche Foro:
"Sì ma la norma è imprecisa, in quanto non indica cosa si intenda per "sede di svolgimento delle elezioni".
Noi che gestiamo il Verbo della Deontologia, non siamo in grado di dire se si volesse impedire la propaganda all'interno del solo seggio oppure nell'andito che porta al seggio, nel piano dove si vota, nell'intero Tribunale, nel quartiere, nella città, nella Regione o nella Nazione.
Come possiamo sanzionare qualcuno se, in bonam partem, vi può essere una interpretazione restrittiva della norma che probisce la propaganda solo ed esclusivamente all'interno della cabina elettorale?
E come potremmo, poi, impedire le manifestazioni di affetto, i sorrisi, gli ammiccamenti tra colleghi?
No, no, l'indipendenza dell'avvocato è sacra, le manifestazioni del suo pensiero debbono essere protette fino alla morte!
 
Sarà che io non sono mai stato Eletto e che non amo i bizantinismi ma, a queste approfondite ed illuminate eccezioni di diritto, che di fatto autorizzano chiunque a violare la pace elettorale, mi sento di condividere le parole proferite in quel famoso film di Verdone, quando Furio chiamava in continuazione l'ACI:
"Ma va a cagher!!!"...
 
E la prossima volta parleremo, oltre che della forma, della sostanza...
 
Buone elezioni a tutti!
 
Avv. Alberto Filippini
Responsabile ABC Mediazione