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La Formazione è un'emozione

lunedì 23 maggio 2011

Siamo praticanti o caporali? parte terza

Non mi sembra vero: più metto nero su bianco aneddoti sul rapporto tra praticanti e avvocati, più me ne tornano alla mente.
Episodi magari datati che, però, a quanto sento, mantengono inalterata la loro freschezza ed attualità.

RISPETTO (TER)

L'avvocato  che accoglie in studio il praticante assume un ruolo fondamentale, direi decisivo, nel futuro rapporto che il giovane laureato avrà con la professione.
All'avvocato, infatti, spetta il compito di alimentare la fiamma di passione verso il mondo forense.
Ci sono però casi, temo numerosi, nei quali la fiammella dell'avvocato è servita invece a fare terra bruciata di anni e anni di studi universitari e di sogni coltivati.
Un primo passo nella giusta direzione è sicuramente quello di fidarsi del proprio collaboratore.
Sembra banale ma il praticante, per rendere al meglio, dovrebbe conoscere tutto dello studio, agire nella medesima lunghezza d'onda dell'avvocato e diventare il suo alter ego.
Certo, partono nella direzione opposta quegli avvocati che si rifiutano di dare una copia delle chiavi dello studio al praticante "Sai, non ti conosco bene e preferisco non fidarmi", oppure (ancora più triste) "sono chiavi particolari ed il doppione costa molto".
Il risultato conseguito è che il praticante, generalmente puntuale, si trova ogni mattina a piantonare il marciapiede davanti allo studio, mentre il suo capo è ancora fermo da qualche parte a sacramentare, con i suoi pari, per le cause che non ha visto mai e recriminare sulla professione che non è più come una volta.
Ma è ancora più mortificante quando il pattugliamento termina non già per l'inaspettato arrivo puntuale del capo studio quanto, piuttosto, per il sopraggiungere della segretaria (lei sì che ha le chiavi!) che, con un mezzo sorriso, si prende beffa di te e ti chiede "Stavi aspettando da molto?"  
Ma il risultato è ancora peggiore se, al teorema "Porte chiuse", segue il corollario "schedari chiusi".
Eh già! C'è infatti chi è fermamente convinto che il praticante non debba avere libero accesso ai fascicoli ("che si crei il suo schedario!!!"), in nome di un non meglio precisato concetto di privacy; concetto al quale tutti facciamo improprio riferimento quando non vogliamo dire qualcosa, salvo poi sbattere i fascicoli per terra, sui tavoli, con nomi, cognomi, numeri di telefono e preferenze sessuali belle in vista.
A questo punto, se nel fare la pratica non posso avere accesso all'ufficio dove lavoro, non posso dare un'occhiata agli atti per imparare, non posso ricevere i clienti con il capo studio, non posso fare una telefonata, mi spieghi qualcuno quale diventa l'unico ruolo del praticante.
Ma la risposta la si vede ogni mattina in Tribunale.

ADEMPIMENTI (BIS)
SOTTOCAPITOLO - ANIMALI

Tutti, chi più chi meno, amiamo gli animali.
Per quanto mi sia, però, sforzato di cercare, nel codice deontologico non è previsto che, tra i compiti del praticante, vi sia anche quello di venerare l'animale del capo studio.
Ecco dunque che l'animale, spesso il cane, diventa non solo un animale da accarezzare ogni tanto quanto il vero e proprio dominus del praticante. 
In primo luogo, la presenza dell'animale in studio non si limita ad una piccola cuccia ma l'intero studio diventa spesso territorio di deambulazione e svago del cane.

Ovviamente, se si tratta di ricevere clienti, il cane va in stanza con il praticante ma, giammai, per terra bensì sulla sedia dell'inferiore, con quest'ultimo che funge da palo o, come è capitato, accucciato - lui sì -nella sedia metallica colorata da bar di paese, ultimo residuo di un inglorioso passato del capo studio. 
Ma attenzione! E' fisiologico che, ad una cert'ora, scappi il bisognino.
E chi deve uscire, vento, pioggia o gelo, ad accompagnare Bobi?
Un caffè pagato a chi azzecca la risposta...
Però, questa è la raccomandazione, "non portarlo nella piazzetta qui vicino, dove ci sono due cagnacci che ogni volta me lo innervosiscono" 

Magari è più contento il giovane praticante il cui compito è quello di nutrire la voliera opportunamente piazzata in studio. Soprattutto ad agosto, dover frequentare lo studio con questo delicatissimo adempimento fa venire in mente tutte le giornate perse a studiare la differenza tra dolo diretto ed eventuale, con in testa i grandi processi e la gloria riservata a cause migliori e non invece al miglio dei piccioni.
Ma la beffa più grande la ha sicuramente subita quel collega al quale, da praticante, venne chiesto di stare in studio nella prima quindicina d'agosto.
Beh, qualcuno giustamente dirà che è normale che, in una turnazione, il capo studio si riservi il periodo di ferie migliori; fin qui ci può stare.
Questo è, però, il dialogo che è seguito, diciamo il 10 di agosto:
(driiin) "Ciao Tizio (il praticante), io sono appena arrivato a Torre delle Stelle ma è successo un problema per un processo penale. Non te ne posso parlare al telefono, non è che potresti venire da me questo pomeriggio? Così ti spiego."
"Ma certo avvocato Caio, sarò da lei verso le sei, grazie per rendermi partecipe, a dopo"
Quale tumulto di emozioni nella mente di Tizio nel percorso Cagliari-Torre delle Stelle! "Finalmente ha capito che si può fidare di me, soprattutto adesso che mi sono svenato per richiedere il patrocinio!"
Ore 18 - Torre delle Stelle, il capo a casa sua non si vede, è ancora al mare, e la cameriera filippina non fa entrare il praticante in casa.
Ore 19 - compare la moglie e, mezzora dopo, emerge dalle acque il famoso Avvocato Caio.
"Grazie per essere venuto, ti volevo dire che ho dimenticato il fascicolo del processo XXY sul tavolo della segreteria e non mi va che, se vengono quelli delle pulizie, lo possano vedere"
Non occorre essere indovini per intuire il mesto disprezzo che ha pervaso il praticante nel rispondere "Certo avvocato, lo farò appena rientro"
Ma il peggio, ahimè, deve ancora arrivare...
"Senti" - aggiunge Caio - "visto che sei qui ne approfitto per chiederti un'altra grossa cortesia. Abbiamo dimenticato a casa di azionare il meccanismo per il mangime dei pesci dell'acquario.
Non è che, se ti lascio le chiavi di casa, passi domani ad azionarlo? Anche nel pomeriggio ma non più tardi. Quando arrivi mi puoi chiamare, così ti spiego come fare".
Il viaggio di ritorno non è stato certo ricco di entusiasmo ma, se non altro, pensa il praticante, "si è fidato di me e mi ha addirittura dato le chiavi di casa sua". (N.d.R. L'iniziale ottimismo del praticante è ormai una categoria filosofica)
Il giorno dopo, però, dopo avere provato tre volte a rintracciare il capo studio, finalmente quest'ultimo risponde e gli spiega come azionare il mitico meccanismo ma - al peggio non c'è mai fondo - aggiunge:

"Piuttosto, adesso che dai da mangiare ai pesci e chiudi la casa, dovresti ripassare qui a portare le chiavi. Non è per sfiducia, credimi, però mia moglie preferisce averle qui subito, se no poi ci passo io, capiscimi"
Questa volta, però, la tratta per Torre delle Stelle è stata almeno rallegrata dal pensiero che - dal giorno dopo - il praticante avrebbe iniziato le sue vacanze e a settembre avrebbe cercato un altro avvocato.
Che se lo divorassero i pesci lo studio di quell'infame...

SEX (BIS)

C'è un simpatico avvocato, uomo pio e di solidi valori morali, che ha una bellissima libreria in studio, ricca di volumi preziosi.
E' un avvocato che sicuramente non ama tenere le cose per sè, altro che privacy!
"Quello che è mio è anche dei miei praticanti e voi potete consultare la mia libreria in qualsiasi momento. Ho anche predisposto una bella scaletta per poter prendere e consultare i volumi più in alto".
"Piuttosto, cara, potresti salire a prendermi quel grosso volume lì a sinistra?"
"Certo Avvocato, glielo prendo subito"
Uno, due, tre scalini e paff, in sardo si direbbe a manu prena, indovinate dove...
Quella è la prova del nove per le praticanti.
Altro che colloqui, altro che prove di scrittura o referenze varie.
Se ti tieni la mano nel popò avrai vita lunga nello studio.
Se ti giri, quantomeno per obiettare che non sono modi civili, beh, "non sai quale occasione ti perdi tesoro! Addio".

Facendo un rapido calcolo dei suoi anni di professione e del vortiginoso numero di praticanti donne che ha avuto, mi sento di dire che ha palpato più natiche lui di quante volte io, soggetto allergico, mi sia soffiato il naso...
Però il vero record è che nessuna abbia mai pensato di querelarlo o, quanto meno, che nessuna abbia mai avuto un fidanzato un po' irruento che gli abbia sfasciato muso, libreria e scaletta.
Il tutto a ritmo di un'Ave Maria rock, ovviamente...




E poi ci sarebbe da iniziare un nuovo capitolo, quello dedicato al "E' colpa tua!!!"...

Responsabile ABCmediazione
Avv. Alberto Filippini

mercoledì 11 maggio 2011

Siamo praticanti o caporali? parte seconda

Nello scrivere la parte seconda dei rapporti capo studio-praticante, mi sono venute alla mente alcune chicche che, imperiosamente, impongono di riaprire alcuni capitoli precedenti e, in particolare, il tema del

RISPETTO (BIS)

A tutti può capitare di dimenticare le cose da fare.
A chi non è capitato di tornare in studio, o a casa, e pensare "Cavolo, mi sono dimenticato questo o quell'adempimento".
Beh, tranne che per le urgenze, direi che si tratti di errori veniali.
Diverso è il discorso del capo studio che, recatosi presso un Tribunale neanche tanto vicino del circondario in compagnia del praticante, si dimentichi di quest'ultimo, manco fosse un pacchetto di sigarette, e lo abbandoni presso il citato Tribunale, tornandosene bellamente a Cagliari, ovviamente col cellulare spento.
Ma dai, dirà qualcuno, è una dimenticanza grave ma può capitare!
Non so, continuo a pensare che sia più che grave ma, soprattutto, ho la certezza che sia ancora più imperdonabile lasciare poi il praticante al proprio destino (leggi: corriera) una volta riacceso il telefono e verificate le settanta chiamate a vuoto dello schiavo.
"Scusa ma ho dei clienti in studio nel pomeriggio e non mi posso spostare, però quando torni ti restituisco i soldi della corriera"
O vogliamo tutti insieme ricordare quel giovane avvocato che amava farsi sistemare la toga dal proprio praticante, per i processi dal Giudice di Pace, come il chirurgo porge le spalle all'infermiera per farsi infilare il camice?
Certo mancava di rispetto quel praticante che, in assenza di "colui che tutto sa", si infilava nella sua camera, accendeva il pc e si metteva ad ascoltare a tutto volume dei cd, zampe sulla scrivania e sigaretta in bocca.
Gli devo comunque riconoscere la dote del sarcarsmo: rientrato all'improvviso il capo e invitato il praticante ad armare i propri bagagli e trasferirsi di studio, egli ebbe la prontezza di spirito di lamentarsi che, nella sua stanza, le casse del pc non fossero buone come quelle del capo studio... 

Il 12 giugno 2007, il giudice militare ha concesso a Priebke, 93enne, condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine, il permesso per uscire di prigione "per recarsi al lavoro", come praticante, presso lo studio del suo avvocato.
Io, sinceramente, non credo che quell'avvocato abbia mai osato mancargli di rispetto; si sa, il lupo perde il pelo...






ADEMPIMENTI

Altro tasto dolente.
Tutti, grandi e piccini, abbiamo i nostri adempimenti; quelli del praticante, se ci limitiamo al lato canonico, costituiscono più che altro una grande perdita di tempo ma sono comunque inevitabili e, sembra strano dirlo, sono in parte formativi.
Ciò, quanto meno sul piano caratteriale, visto che è da questo momento che si impara ad essere presi a calci in faccia più o meno da tutti, che si acquisisce la virtù della pazienza e si impara a contare fino a numeri di cui - fino a quel momento - si ignorava l'esistenza.
Si scivola invece nella patologia quando, tra gli adempimenti di studio, vengano ricomprese richieste completamente avulse dal contesto "pratica- insegnamento-avvocato".
Ad esempio, quale link può mai collegare la pratica forense con l'obbligo di andare a fare la spesa per il capo studio?
Mi spiega invece qualcuno perchè il praticante debba essere costretto a tenere a bada i bambini della capa, mentre lei se ne esce "sai ho un appuntamento fuori studio e la baby sitter mi prende troppo".

Altro adempimento curioso, che perlomeno qualifica il malcapitato per una occupazione estiva alternativa, è rappresentato dal chiamare in stanza - davanti ai clienti - il praticante, anche tre o quattro volte a sera, per prendere la "comanda":
"allora, di al barista che il mio caffè lo voglio ristretto, poi ci porti un cappuccino bianco ben caldo, un caffè al ginseng ed una cioccolata,
      ma non così zuccherata come l'altra volta




Pongo a tutti una domanda: secondo voi, di fronte a queste patologie, frutto di frustrazione forense e - a mio avviso - di instabilità mentale, il nostro Supremo Immaginifico ed Immarcescibile Ordine, quante volte ha preso posizione? Una, nessuna o centomila?

 SEX

Piccolo aperitivo del capitolo più amato dagli italiani e, dunque, anche dagli avvocati.
In realtà si mischia molto con il Rispetto e non riguarda direttamente il rapporto avvocato-praticante ma un episodio al quale il sottoscritto ha avuto modo di essere indiretto testimone.
Una assolata mattina di tanti, ma tanti, luglio fa, nell'entrare nella stanza dove si facevano le fotocopie, ebbi modo di incrociare un avvocato che, piuttosto fugacemente, si allontanava dalla stanza. 
Mi accorsi che non vi era più nessuno nella stanza, se non la giovane ragazza che, all'epoca, rivestiva il fondamentale ruolo di fotocopista.
La trovai piuttosto scossa e, vista la confidenza che avevamo, mi permisi di chiederle cosa fosse successo:

"Quel porco maledetto! visto che eravamo soli, mi ha preso la mano ed ha iniziato a vaneggiare su come gli sarebbe piaciuto farsi graffiare tutto, sulla schiena nuda. Quando gli ho detto di andarsene immediatamente e di non farsi vedere mai più, mi ha anche detto che lui era disposto a pagarmi, anche molto bene, per un servizietto completo".
Da quel giorno, ogni volta che incrocio negli anditi l'avvocato masochista, soprattutto oggi che, canuto e cadente, si trascina per il Tribunale, mi viene da pensare a quell'episodio ed a quante volte quella sua schiena ormai curva si sarà fatta scarnificare da qualche  prostituta che, mi auguro, gli abbia trasmesso qualche infezione. (sì lo so, non è un pensiero molto cristiano ma a me viene spontaneo) 

E poi c'è quell'altra storia...


Responsabile ABCmediazione
Avv. Alberto Filippini

   

martedì 3 maggio 2011

Siamo praticanti o caporali? parte prima

La vita del praticante è dura e credo che nessuno possa metterlo in dubbio.
In fondo, si tratta di costruirsi una professione ed una vita e si sa che nessuno ti regala niente.
Ma che la vita del praticante possa diventare ancora più pesante e infernale questo, molto spesso, lo si vorrebbe evitare.
Solo che, a volte, l'inferno in terra finisce per dipendere dai grandi capi, da coloro che, magari solo da qualche anno, hanno abbandonato file, fotocopie ed umiliazioni ed oggi  fanno invece ingresso nei tornelli del Palazzo con il piglio di Cesare che rientra a Roma dopo la conquista della Gallia.

La casistica dei rapporti tra praticante e capo studio è estremamente variegata e finisce, senza grandi sorprese, con il rappresentare tutte le gioie e le miserie dei rapporti umani.
In fondo, tutto dipende anche dal grado di educazione dei singoli e dalla volontà di rapportarsi con esseri umani piuttosto che con inferiori-superiori.
In questi anni di formazione, ho avuto modo di toccare con mano quanto sia ampia questa casistica e mi diverte l'idea di suddividerla in categorie che, per ragione di spazio (e di mia memoria...) tratterò in più occasioni.
Le prime tre categorie sono le grandi doti che il capo deve avere e trasmettere al praticante.

INSEGNAMENTO
Sull'insegnamento, in realtà, nessuno è o nasce scienziato ed è dunque importante che il capo studio si limiti a sforzarsi di trasmettere quanto è a sua conoscenza, senza riserve mentali o gelosie.
Certo, diverso è il discorso di quel capo studio che, nel ricordare al proprio praticante quanto quest'ultimo fosse meschinamente ignorante, lo esortava a rimanere tale, per evitare che le troppe elucubrazioni dottrinali lo distraessero dal vero obiettivo, rapinare i propri ed altrui clienti.
Ancora più curioso è il caso di quell'avvocato che non spiegava deliberatamente alla praticante come redigere gli atti, per evitare che quest'ultima potesse diventare più brava di lui e fargli fare brutta figura con i clienti.
Certo vi era ancor meno da imparare in quello studio dove, scientemente, si preferiva non abbonarsi alle riviste e si mandava il praticante a cercare di rubarle (rectius: sottrarle) presso gli enti pubblici dove erano date in visione. ("guarda che mi serve la numero 7 del 2009, non la numero 8, che abbiamo già (rubato)"
"Avvocato, e se mi chiedono di quale studio sono?" "Tu di che sei dello studio ........, tanto è morto da poco e nessuno lo conosceva")

RISPETTO
C'è ancora bisogno di ricordare che le persone, tutte, vanno trattate con rispetto?
Eppure, non la pensa così quel collega che chiama, facendosene anche vanto, la praticante con un nome maschile.
Qui, però, avrebbe gioco facile la psicanalisi, visto che quando era praticante lui, veniva chiamato con un nome femminile e non aveva il coraggio di ribellarsi.
Oppure c'è quella capo studio, che forse comparirà anche nella pruriginosa categoria "Sex", che appella i propri praticanti con simpatici appellativi del fallo o, al massimo, con il termine "cosino".
Ma forse è anche mancanza di rispetto quella del praticante che irrorava di liquido giallastro le piante gelosamente coltivate dalla capo studio, come pure è totale assenza di rispetto quella del capo studio che si faceva accompagnare per lo shopping e faceva rimanere i praticanti in macchina, anche ore, per non pagare il parcheggio.
Ma più di tutti, in questi anni, mi è sembrata mancanza di rispetto quella del capo studio, le cui gesta  peraltro compariranno in numerose categorie, che non amava aprire, per nessun motivo ed in nessuna stagione, i finestrini della macchina ma che si compiaceva poi, in presenza dei passeggeri-praticanti, per le sue rumorose quanto odorose flatulenze.   
E dopo questa perla, nonostante la categoria Rispetto meriti una più adeguata trattazione, passiamo ad una nota ancora più dolente


RETRIBUZIONE
Che i praticanti debbano essere retribuiti lo prevede il codice deontologico.
Al riguardo, la nomenklatura che governa la categoria, sempre pronta a dispensare severe reprimende se qualche giovane prova a sporgere il capo fuori dal loculo che gli è stato attribuito, non ha mai adottato alcuna sanzione a carico di chi non adempia a quel preciso dovere deontologico.
Intendiamoci: retribuzione non significa stipendio, non significa "così campo alle tue spalle", non vuole neppure dire "ho trovato lo scemo che mi mantiene".
Io, nella mia visione del mondo, parlerei di "incentivo" allo svolgimento della professione e di premio di "inserimento" nel mondo della avvocatura.
Questo, nel rispetto ovviamente sia delle disponibilità economiche del capo studio che del lavoro effettivamente svolto dal praticante.
Forse, però, in attesa che il mondo migliori, sarebbe il caso di evitare quei casi nei quali il capo studio chiede denaro al praticante "in fondo ti faccio occupare una mia stanza", oppure pretende percentuali da usura (fino al 70-80 %) sulle pratiche personali che il praticante chiede di poter seguire.
Come pure è un curioso mix di insegnamento-rispetto-retribuzione quel diktat del capo studio che impedisce ai propri praticanti di avere cause proprie e pretende di avere solo il suo nome in procura, con relativi integrali emolumenti. ("In caso contrario, sai qual'è la porta")
Ma forse non costituisce neppure un esatto principio di (auto)retribuzione quella del praticante che fa lo sgrunfo sul fondo cassa o che adduce spese mai sostenute per essere rimborsato.

Come pure, ma l'aneddotto meriterebbe un migliore riscontro, non costituisce compenso quella disavventura del praticante che, autorizzato ad utilizzare l'auto "padronale" per recarsi in un Tribunale del circondario, volle prima recarsi sotto casa della fidanzata (ad pompam vel ostentationem) ma, nel salire a chiamarla, pensò bene di lasciare la macchina incustodita e farsela fregare...

E poi e poi e poi...
 
Responsabile ABCmediazione
Avv. Alberto Filippini