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mercoledì 7 dicembre 2011

PREPARIAMOCI INSIEME ALL'ESAME DI AVVOCATO !!! 07-12-11

Settimo appuntamento con atti e sentenze.
In quest'ultima settimana, più che continuare a scrivere integralmente atti e pareri, suggerirei di riposare un po' la mente e limitarsi a leggere sentenze e provare a svolgere giusto gli schemi e scalette degli argomenti.
Dovrebbe essere inoltre ufficiale, anche quest'anno sarà la sede di Genova a correggere i compiti di Cagliari!
Buono studio a tutti

Avv. Alberto Filippini

ATTI CIVILI

7) Ricorso ex Art. 700 c.p.c
Tribunale di __________
Ricorso ex art. 700 c.p.c. nell’interesse di
Nome e dati anagrafici ricorrente
Contro
Nome e dati anagrafici resistente
Esposizione fatti di causa
Esposizione ragioni di diritto chiarendo con particolare attenzione perché sussiste il fumus boni iuris ed il periculum in mora.
Tutto ciò premesso, _____________, come sopra rappresentato e difeso,
ricorre
all’Ill.mo Giudice adito, ai sensi del combinato disposto degli artt. 700 e 669-bis e seguenti c.p.c., affinché voglia, rigettata ogni istanza, deduzione ed eccezione contraria:
In via principale - inaudita altera parte -  ordinare a _________ di __________
In subordine, fissare l’udienza per la comparizione delle parti in contraddittorio e provvedere all’assunzione dei mezzi istruttori ritenuti necessari per provvedere quindi ad ordinare quanto sopra indicato (riscrivi le conclusioni)
Condannare in ogni caso la parte resistente al pagamento delle spese, delle competenze e degli onorari della presente procedura. Con riserva di ogni azione in ordine al risarcimento dei danni subiti.

Ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia) e successive modifiche ed integrazioni si dichiara che il valore della domanda è _______________.
Luogo e data
firma


ATTI PENALI

7) Atto di opposizione alla richiesta di archiviazione

TRIBUNALE DI
SEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI E DELL’UDIENZA PRELIMINARE
Il sottoscritto difensore, come da nomina depositata in data, della Sig.ra, nata a, il giorno, residente, nella, propone
OPPOSIZIONE
alla richiesta di archiviazione del procedimento penale n° r.g.n.r., presentata in data 8 settembre 2008 dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, notificata in data 1 ottobre 2008, per i seguenti
MOTIVI
Il Pubblico Ministero, nel motivare la richiesta di archiviazione, ha ritenuto che “non sono emersi elementi utili per l’identificazione dei responsabili del reato per cui si procede e comunque per l’ulteriore prosecuzione delle indagini preliminari”
.Posto che il Pubblico Ministero procedente ha implicitamente ritenuto ravvisabili nei fatti esposti in querela elementi riconducibili al delitto di truffa di cui all’art. 640 c. p., le richiamate considerazioni non sono in alcun modo condivisibili.
Invero, è pacifico che il giorno 11 giugno 2008 sia stata prelevata dal conto della persona offesa, a sua insaputa ed in maniera fraudolenta, la somma di € 80,00.
In particolare, terze persone non autorizzate hanno utilizzato la carta Postepay n. intestata alla Sig.ra per effettuare una ricarica telefonica tim on line di € 80,00, come ampiamente provato dalla lista movimenti della citata carta Postepay allegata alla denuncia-querela.  Al riguardo, non è stata però svolta alcuna attività d’indagine volta, in primo luogo, ad individuare ed acquisire il numero dell’utenza telefonica a favore della quale è avvenuta la sopra descritta ricarica e, in secondo luogo, ad accertare l’identità dell’intestatario della relativa scheda telefonica.
Certo non poteva attribuirsi alla Sig.ra l’identificazione dell’autore dell’operazione in oggetto, dal momento che Poste Italiane S.p.a. non può fornire in merito alcuna informazione ai privati per evidenti ragioni di privacy.  Ad ogni modo, la persona offesa ha allegato all’atto di querela anche la comunicazione ricevuta da Poste Italiane S.p.a., Business Unit BancoPosta, Operazioni Monetica e Nuovi Canali, Ufficio Issuing, comunicazione ricevuta in risposta alla sua richiesta di bloccare la carta Postepay a lei intestata e di rimborso della somma illecitamente sottrattale.
Si evince chiaramente dall’indicata comunicazione che la società Poste Italiane sia a conoscenza del numero dell’utenza telefonica a favore della quale è avvenuta la ricarica con l’illecito utilizzo della carta Postepay della persona offesa.Se è vero che Poste Italiane S.p.a. non è autorizzata a fornire detta informazione ad un soggetto privato quale la Sig.ra, altrettanto vero è che la medesima informazione può invece essere comunicata all’Autorità procedente nello svolgimento delle indagini preliminari.
NUOVE PROVE
Durante le attività di indagine poste in essere con riferimento al suddetto procedimento si è proceduto esclusivamente a prendere visione del verbale di denuncia orale sporta dalla persona offesa in data 13 giugno 2008 presso gli Uffici della Stazione Carabinieri di E’ indubbia pertanto l’incompletezza delle indagini svolte in quanto è stato sottovalutato un aspetto di fondamentale rilevanza, ovvero il fatto che Poste Italiane S.p.a. conosce il numero dell’utenza telefonica che ha tratto profitto dall’illecita condotta oggetto dei fatti esposti in querela.Il compimento dell’attività di acquisizione di tale numero telefonico, tramite richiesta inoltrata a Poste Italiane S.p.a., avrebbe successivamente consentito al Pubblico Ministero procedente di accertare anche l’identità dell’intestatario della relativa scheda telefonica, tramite interrogazione al gestore telefonico Tim.Lo svolgimento delle indicate attività d’indagine porterà indubbiamente all’accertamento di elementi idonei ad identificare i responsabili del reato per cui si procede e, in particolare, all’individuazione del soggetto che, con artifizi e raggiri, avendo illegalmente sottratto informazioni riservate inerenti la carta Postepay intestata alla persona offesa, si è procurato un ingiusto profitto in danno della Sig.ra, prelevando dal conto di quest’ultima, a sua insaputa ed in maniera fraudolenta, la somma di € 80,00. In ragione delle considerazioni sopra esposte, si rende necessario procedere quanto meno agli indicati adempimenti istruttori che, in ogni caso, andrebbero ad  integrare le indagini svolte, altrimenti carenti.
Per i motivi suddetti, si insiste nell’opposizione alla richiesta di archiviazione e si chiede che l’Ill.mo Sig. Giudice voglia indicare le ulteriori indagini da compiersi, disponendo l’acquisizione del numero dell’utenza telefonica a favore della quale è avvenuta la summenzionata ricarica telefonica tim on line e l’accertamento dell’identità dell’intestatario della relativa scheda telefonica, tramite richiesta a Poste Italiane S.p.a. ed al gestore telefonico Tim.
Luogo data
Avv

SENTENZE CIVILI

Codice Civile (1942) art. 2051


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Malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell'uso e del godimento sia della singola unità immobiliare s a dei servizi accessori e delle parti comuni dello edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sulla entità immobiliare locata - ancorché in un ambito in parte diverso da quello in cui si. esplica il potere di custodia del conduttore - con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti.

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In tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie, il momento determinativo dell'acquisto della titolarità dell'immobile da parte del singolo socio, onde stabilire se il bene ricada, o meno, nella comunione legale tra coniugi, è quello della stipula del contratto di trasferimento del diritto dominicale (contestuale alla convenzione di mutuo individuale), poiché solo con la conclusione di tale negozio il socio acquista, irrevocabilmente, la proprietà dell'alloggio (assumendo, nel contempo, la veste di mutuatario dell'ente erogatore), mentre la semplice qualità di socio, e la correlata "prenotazione", in tale veste, dell'alloggio, si pongono come vicende riconducibili soltanto a diritti di credito nei confronti della cooperativa, inidonei, come tali, a formare oggetto della communio inciders familiare.

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Non può essere annullato il contratto di compravendita di un'auto nell'ipotesi in cui, pur risultando assente una caratteristica tecnica richiesta dall'acquirente, risulta che lo stesso ha comunque utilizzato a lungo l'auto, non ritenendo essenziale, rispetto all'utilizzo, l'optional richiesto (nella specie, l'acquirente credeva che la vettura fosse dotata di ABS, mentre in realtà tale dispositivo non era installato sulla vettura).

SENTENZE PENALI

Cassazione penale, sez. II, 18/01/2011, n. 3609
Integra gli estremi del reato di violenza privata la minaccia, ancorché non esplicita, che si concreti in un qualsiasi comportamento o atteggiamento idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto al fine di ottenere che, mediante la detta intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare o ad omettere qualcosa. (Nella specie l'imputato aveva rivolto alla persona offesa le seguenti parole: "Non ti picchio perché sei anziano, ma ora vattene che è meglio per te").

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Cassazione penale, sez. I, 17/01/2011, n. 5842
In tema di rivelazione di segreti d'ufficio, ai fini della sussistenza del concorso nel reato dell'"extraneus", è necessario che questi, lungi dal limitarsi a ricevere la notizia, abbia istigato o indotto il pubblico ufficiale a porre in essere la rivelazione.
Annulla con rinvio, Trib. lib. Reggio Calabria, 07 luglio 2010

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Cassazione penale, sez. VI, 14/01/2011, n. 12431Non commette il reato di diffamazione il testimone che, adempiendo il dovere di testimoniare, renda dichiarazioni offensive dell'onore altrui.
Rigetta, Gip Trib. Chieti, 05/05/2010

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In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone dovuto all'abbiare di cani, il reato di cui all'art. 659 c.p. è collegato alla condotta arrecante disturbo a prescindere da chi ne sia la causa iniziale, posto che il comportamento illecito è comune a tutti i proprietari di animali (nella specie, la Corte ha confermato la condanna nei confronti dei proprietari degli animali molesti, non accogliendo la tesi difensiva secondo cui non era certo quale dei cani iniziasse ad abbaiare per primo trascinando poi gli altri, atteso che i propietari, pur consapevoli del fatto che solo uno dei loro cani abbaiava per primo di notte, lasciavano che tutti gli altri, sollecitati dal primo, facessero altrettanto per emulazione).

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Cassazione penale, sez. V, 12/01/2011, n. 7067
In tema di falsa perizia, nel contesto di accertamenti valutativi (nella specie valutazione di ramo aziendale), la presenza di difformi autorevoli pareri nonché l'adesione del primo giudice ad una stima diversa da quella accolta dal giudice di appello sono elementi atti a dimostrare che il risultato della stima debba considerarsi obiettivamente controvertibile e difficilmente rapportabile alla certezza dello schema dettato dall'art. 373 cod. pen., salva una giustificazione attenta a raccordare la delicatezza del quesito offerto al perito e la certa infedeltà del risultato da questi reso.
Annulla con rinvio, App. Torino, 09 Ottobre 2008

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La natura di reato di pericolo della fattispecie di cui all'art. 617 quinquies c.p. non esclude l'ipotesi tentata.
Cassazione penale, sez. V, 12/01/2011, n. 6239
Cassazione penale, sez. V 12/01/2011 n. 6239 (data dep. 18 febbraio 2011)


                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  
                        SEZIONE QUINTA PENALE                      
         
                     sentenza                                       
sul ricorso proposto da:
           G.G., nato il (OMISSIS);
                 A.S., nato il (OMISSIS);
avverso  l'Ordinanza  del  Tribunale della Libertà  di  Firenze  del
27.8.2010 che confermava l'Ordinanza del GIP di Livorno del  9.8.2010
che applicava la misura della custodia cautelare in carcere applicata
ai predetti;
sentita la Relazione svolta dal Cons. Dott. SANDRELLI Gian Giacomo;
sentite  le  Requisitorie  del PG. (nella  persona  del  Cons.  Dott.
MAZZOTTA Gabriele) che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità  del
ricorso.            

IN FATTO
I ricorrenti sono inquisiti ai sensi dell'art. 617 quinquies, per avere - come accertato il (OMISSIS) - installato marchingegni atti ad intercettare le operazioni di "Bancomat" presso lo sportello ATM del Credito Cooperativo di (OMISSIS).
Il Tribunale della Libertà di Firenze ha rigettato l'istanza di riesame avanzata dai predetti ed avverso l'Ordinanza 27.8.2010 del giudice cautelare ed essi hanno personalmente interposto ricorso avverso il provvedimento eccependo la natura tentata della violazione commessa, sì che la misura risulta incompatibile ai sensi dell'art. 280 c.p.p., in ragione della sanzione edittalmente prevista per la fattispecie incriminatrice.

IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e sono rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
La natura di reato di pericolo dell'art. 617 quinquies c.p. non esclude l'ipotesi tentata (cfr. per es. Cass. pen., sez. 6, 13 febbraio 1995, Ciccarone). Onde l'infondatezza, anche in linea astratta, dell'impugnazione.
Ma la situazione in esame non necessita la ricerca del tentativo, poichè la condotta ascritta ai prevenuti ha rinvenuto consumazione.
La norma, infatti, prevede che l'azione illecita si configuri con l'"istallazione", operazione portata a termine dai ricorrenti.
Nè giova ad essi il richiamo all'ipotesi della condotta furtiva, sorvegliata da telecamere o da agenti di Polizia Giudiziaria, poichè nel delitto di furto l'elemento caratterizzante che determina la realizzazione del delitto è l'impossessamento della cosa con sottrazione del bene alla sfera di sorveglianza del possessore, atto che segna il momento consumativo del delitto di furto.
Nel caso in esame non è dato ravvisare siffatta articolazione della fattispecie punitiva, essendo sufficiente la collocazione dei marchingegni atti all'intercettazione dei dati. Azione portata a termine dai ricorrenti.
Di tanto l'Ordinanza impugnata ha dato correttamente ragione con motivazione adeguata ed aderente ai principi di diritto del nostro ordinamento.
Si delega la Cancelleria per gli adempimenti previsti dall'art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Art. 94 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011





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Cassazione penale, sez. I, 14/01/2011, n. 4706

Cassazione civile, sez. II, 25/07/2011, n. 16240

Cassazione civile, sez. II, 26/07/2011, n. 16305

Cassazione civile, sez. III, 27/07/2011, n. 16422

Intercorrendo il rapporto di custodia fra la cosa e chi ha l'effettivo potere su di essa (il proprietario, come il possessore o anche il detentore), il potere di intervenire sulla cosa opera non come fondamento di una presunzione di colpa, ma come uno degli elementi per individuare la figura del custode; con la conseguenza che, a pari o a diverso titolo, la custodia può far capo a più soggetti, ciascuno con poteri di gestione e di intervento.

Cassazione civile, sez. III, 27/07/2011, n. 16422

martedì 6 dicembre 2011

PREPARIAMOCI INSIEME ALL'ESAME DI AVVOCATO !!! 06-12-11

A fronte dei rumours, che scommetto infondati, sulla futura riforma dell'esame di avvocato, c'è da prepararsi a dovere per l' impegno della prossima settimana.
Lettura, codici alla mano, di sentenze e predisposizione di scalette di pareri mi sembra un ottimo modo per rifinire la preparazione.
Spero che il materiale che sto proponendo possa essere utile a tutti ma, nel caso, accetto anche suggerimenti su eventuali altri documenti da sottoporvi.
Mi raccomando, però, la condivisione dei contenuti è fondamentale, rientra in uno spirito di solidarietà quanto mai appropriato nei difficili giorni d'esame.

Buon lavoro a tutti
Avv. Alberto Filippini

ATTI CIVILI

6) Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo

TRIBUNALE ORDINARIO DI
Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo nell’interesse di
Nome attore opponente e dati anagrafici
contro
nome convenuto opposto e dati anagrafici – domicilio presso procuratore

Avverso
Il decreto ingiuntivo n. _______del Giudice del Tribunale di ----------, del _________, notificato il ________, con il quale è stato ingiunto all’opponente il pagamento della somma di € _________oltre interessi sino al saldo e spese legali.
Con il presente atto, __________________, come sopra rappresentato e difeso, propone opposizione avverso il summenzionato decreto ingiuntivo, premettendo in fatto che:
esposizione fatti di causa___________________________
***
Stando così le cose, è ora interesse di ____________ agire in via giurisdizionale per ottenere la revoca del decreto opposto per i seguenti       
Motivi in diritto

Tutto ciò premesso, _____________, come sopra rappresentato e difeso
CITA
_____________, residente in, elettivamente domiciliato in, nella via ________, presso lo studio del suo procuratore Avv. ___________  a comparire davanti all’intestato Tribunale di, giudice designando ex art. 168 bis c.p.c., all’udienza del _____________ ore 9 e ss, invitandolo a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi dell’art. 166 c.p.c. con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le preclusioni e decadenze di cui all’art. 38 e 167 c.p.c. e che in caso di mancata costituzione si procederà in sua contumacia per ivi sentire accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Voglia la S.V. Ill.ma, contrariis reiectis:
(eventuale : previa sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto opposto ricorrendo le condizioni di cui all’art. 649 c.c. per i motivi specificati nell’istanza formulata in calce al presente atto):
revocare il decreto ingiuntivo opposto dichiarando nel contempo che la pretesa azionata in via monitoria è infondata per i motivi di cui alla narrativa;
o diverse conclusioni a seconda del caso_________
Con vittoria di spese ed onorari.   
Ai sensi e per gli effetti di legge si dichiara che il valore della causa è di €_______ .
Istanza ex art. 649 c.p.c.
(da inserire solo se la provvisoria esecuzione sia stata concessa)
Preliminarmente si chiede che il Giudice sospenda e/o revochi la provvisoria esecuzione concessa al decreto ingiuntivo opposto considerata la fondatezza dell’opposizione e sussistendo i gravi motivi previsti dall’art. 649 c.p.c.
Specificare i motivi
PRODUZIONI
DEDUZIONI
Luogo e Data
firma

ATTI PENALI
6) Atto di appello della parte civile
CORTE D’APPELLO DI


DICHIARAZIONE D’APPELLO
Il sottoscritto difensore e procuratore della Sig.ra                  , nata a               , il giorno               , persona offesa costituita parte civile non in proprio ma nella sua qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio                  , nato a             , il giorno              e sul minore in affidamento preadottivo                 , nato a                    , il giorno                  , nel procedimento penale n.              R.N.R., n.              G.I.P., n.             R.G., giusta procura speciale a margine della costituzione di parte civile in data             , propone appello avverso tutti i punti e capi che riguardano l’azione civile della sentenza n.                   in data               , depositata in data         , con la quale il Tribunale di           , in composizione monocratica, ha condannato           alla pena di mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con sospensione della patente di guida per il periodo di due mesi, e, inoltre, in solido con la responsabile civile                   al risarcimento dei danni nonché al rimborso delle spese processuali e di costituzione di parte civile in favore di                        , da liquidarsi in separato giudizio civile, assegnando a titolo di provvisionale la somma di € 50.000,00 a favore di               e di € 15.000,00 a favore di                  e, inoltre, in solido con le responsabili civili,   e  , al risarcimento dei danni nonché al rimborso delle spese processuali e di costituzione di parte civile in favore di                                   da liquidarsi in separato giudizio civile, assegnando a titolo di provvisionale la somma di €                ciascuno a favore di                           e la somma di €                  ciascuno a favore di  , per il reato di cui all’art. 589, comma 2, C.p., nella parte in cui ha ritenuto, nella misura del 40%, il concorso di colpa della persona offesa nella causazione del sinistro, per i seguenti
MOTIVI
1.1 La sentenza è parzialmente inesatta.
1.2 Il Giudice di primo grado, infatti, ha erroneamente ritenuto che l’evento mortale è stato causato dal contributo colposo dell’imputato e della stessa vittima, in una misura che ha determinato, peraltro, senza compiutamente motivare sul punto, nel 60% per           e nel 40% per la persona offesa                   .
 1.3 Invero, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudicante, la corretta ricostruzione in fatto dell’incidente, così come rimasta ampiamente provata all’esito dell’istruttoria dibattimentale, attesta in maniera inconfutabile che nessun elemento di colpa per quanto accaduto può essere posto a carico del deceduto.
1.4 Sul punto, non è superfluo ricordare brevemente la dinamica del sinistro in oggetto, così come emersa all’esito del dibattimento e come anche correttamente riportata nel provvedimento impugnato.
1.5 Il sinistro mortale si è verificato in occasione di una manovra di avvicinamento in retromarcia compiuta dall’autofurgone frigorifero di marca IVECO, targato          , intestato alla società cooperativa   e condotto dall’imputato, all’autofurgone frigorifero di marca DAIMI Ercrysler,  , intestato a  il quale si trovava sul luogo del fatto in attesa dell’allineamento del primo veicolo.
Detto accostamento, operazione che veniva sistematicamente ripetuta dagli attori della vicenda di cui si discute, era funzionale ad un più agevole trasferimento di prodotti ittici dalla cella frigorifero del veicolo intestato al            a quella del mezzo di proprietà della società cooperativa                   .
Ultimata la summenzionata manovra di accostamento del furgone condotto dal ____________    a quello del          , dunque, arrestatosi il primo mezzo ad una distanza di circa 25/30 cm dalla parte posteriore del veicolo intestato alla persona offesa, quest’ultima, come solitamente accadeva, inserì il capo tra i due furgoni al fine di verificare la regolarità dell’attività di scarico e carico delle merci.
In quel momento, stante l’inefficienza del freno a mano, l’imputato spense il motore del mezzo che guidava tenendo premuto il pedale del freno.
Tuttavia, l’immediato rilascio da parte del predetto della frizione e del freno con la retromarcia inserita, senza attendere l’arresto completo del motore, determinò un’inerzia rotatoria di questo causando altresì un sobbalzo all’indietro del veicolo, in misura non superiore a 15 cm, a seguito del quale il capo della persona offesa fu fatalmente compresso tra le sponde e le cerniere dei portelloni dei due furgoni.         
1.6 Al riguardo, si condivide pienamente l’affermazione del Giudice di primo grado secondo il quale le risultanze istruttorie, ovvero la testimonianza di Grosso Giovanni, presente al fatto, le fotografie scattate dai Carabinieri della Stazione di Sestu intervenuti sul luogo del sinistro, confluite in un CD acquisito al fascicolo per il dibattimento, unitamente al contributo dei consulenti tecnici nominati dalle parti, hanno consentito una ricostruzione univoca del fatto, confermando una dinamica apparsa evidente sin dalle fasi iniziali delle indagini.
1.7 Parimenti condivisibili sono le conclusioni del Giudicante nella parte in cui ha correttamente ritenuto provata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato contestato per la sussistenza di chiari profili di colpa in capo allo stesso, sia colpa specifica, in relazione all’art. 154 del C.d.S., che colpa generica, per aver il Sig. incautamente rilasciato il pedale della frizione con la retromarcia inserita contestualmente allo spegnimento del motore. 
1.8 Contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, invece, dalle risultanze processuali non sono emersi in alcun modo elementi di colpa riconducibili alla condotta della vittima. 
1.9 Come anche si legge nella sentenza impugnata, la manovra di accostamento delle parti posteriori dei furgoni ad una distanza di circa 30 cm l’uno dall’altro era un’azione banale, che veniva ripetuta sistematicamente “oltre che per favorire le manovre di trasbordo in modo che la merce non cadesse tra i due cassoni, anche per consentire a chi si trovava a terra, ossia nella specie il       , di dare istruzioni sul trasferimento del pesce”.
Ancora, si legge nel medesimo provvedimento, “l’infilare la testa tra i due mezzi è una manovra che si usa fare (lo stesso____________ l’aveva effettuata in passato) per verificare che il successivo passaggio della merce da una cella frigorifera all’altra avvenisse in modo efficiente”.
1.10 Ciò è stato dichiarato a dibattimento dal teste                       , presente al fatto in quanto dipendente di                   , dunque, solito a tali pratiche, il quale, sentito all’udienza del              , ha spiegato che “quella di accostare le parti posteriori dei veicoli è un’operazione che si fa abitualmente”.
Lo stesso testimone, riferendosi all’azione posta in essere dal                  di inserire il proprio capo tra i due furgoni, ha chiarito che “è una posizione che effettuano tutti quelli che devono controllare la merce in modo tale che avvenga bene il lavoro sia di scarico che di carico, l’ho faccio anch’io”.
1.11 Sul punto, deve essere rilevato, il testimone ha altresì precisato che, nel momento in cui                   ha inserito il capo tra i due veicoli, la sopra descritta manovra di avvicinamento si era già conclusa.
1.12 Anche gli ingegneri                       ,                     ed                    , consulenti tecnici, il primo nominato dal Pubblico Ministero, il secondo nominato dalla responsabile civile                     . e l’ultimo nominato dall’imputato, i quali hanno ricostruito la dinamica dell’incidente, sentiti all’udienza del                     , si sono trovati d’accordo nel sostenere che quando la persona offesa inserì il capo tra i due furgoni la manovra di accostamento del veicolo condotto dal                    a quello intestato al                       era già ultimata.
1.13 In particolare, come si legge nel verbale d’udienza del              ,  l’Ing.                      ha descritto l’accostamento dei veicoli come “una manovra assolutamente banale, che viene ripetuta ogni volta che c’è da caricare e scaricare o trasferire merce da un camion all’altro, è manovra banalissima che viene ripetuta continuamente”.
1.14 L’Ing.   e l’Ing  , come già rilevato, hanno concordato sul fatto che la manovra di avvicinamento da parte del furgone manovrato dal   fosse ultimata quando la persona offesa inserì la testa tra i due veicoli.
Più precisamente, ha affermato il primo nella medesima udienza del
, “l’arresto ci doveva essere stato, quindi, il termine di questa manovra di avvicinamento”.
Parimenti l’Ing., ha dichiarato “confermo, perchè ne sono convinto (…) la manovra di accostamento del camion del al camion del era già ultimata” dove, giova ricordare, ----------------- si trovava all’interno della cella frigorifera del furgone intestato a              in attesa di ricevere indicazioni da parte di quest’ultimo circa il trasferimento della merce all’interno del mezzo condotto dal

1.15 Tali circostanze, ampiamente provate e non contestate, come chiaramente emerge dalla lettura della sentenza impugnata, fondano il convincimento del Giudicante in ordine alla ritenuta prevedibilità dell’evento dannoso rispetto alle regole di condotta che l’imputato avrebbe dovuto osservare, con conseguente permanenza del nesso causale tra la condotta posta in essere dal  e l’evento mortale.
1.16 Nel motivare il provvedimento in oggetto, infatti, scrive il Giudice di primo grado “una volta accertato che, con l’adozione di queste semplici accortezze al momento dell’arresto del suo furgone,           avrebbe certamente evitato l’evento mortale, deve sottolinearsi come la mancata attuazione di queste regole di condotta lasciasse nella specie prevedere l’evento dannoso (…) la prevedibilità dell’evento dannoso deriva in primo luogo dalla presenza della vittima nella parte finale dei due furgoni, posizione della quale il conducente era a conoscenza, nonché dalla circostanza che, come affermato dal testimone         , il Sig.                  fosse un abituale acquirente della            , tanto che avveniva che “in genere” avvicinasse il suo furgone a quello della società del                  per il carico dei prodotti ittici, con l’ulteriore precisazione al riguardo che, come riferito ancora da               , sia           sia lo stesso              , a manovra di allineamento conclusa, solevano infilare la testa tra i furgoni per verificare la loro distanza in funzione di una più efficiente manovra di trasbordo”.     
1.17 Alla luce delle argomentazioni sopra svolte e dell’effettiva dinamica del sinistro in oggetto, come rimasta pacificamente dimostrata nel corso del giudizio di primo grado, nel caso concreto, non è ravvisabile alcuna incidenza causale della condotta posta in essere dalla vittima sull’evento mortale.
1.18 Invero, nessun rimprovero può essere mosso alla persona offesa alla quale non si poteva evidentemente chiedere un diverso comportamento rispetto a quello tenuto.
1.19 Considerato che                ha agito in una situazione abituale, verificatasi innumerevoli volte, insieme a persone altrettanto solite alla suddetta situazione e, nello specifico, l’imputato, che ben conosceva essendo suo abituale cliente, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudicante, il comportamento della persona offesa non può in alcun modo essere qualificato come imprudente.
1.20 Il Sig.                , deve essere ancora una volta ribadito, ha diligentemente atteso che la manovra di avvicinamento in retromarcia effettuata dall’imputato fosse conclusa.
Una volta arrestato il mezzo condotto dal                , e solamente allora, la persona offesa ha inserito il capo tra i due veicoli, confidando nel corretto agire dell’imputato in osservanza delle norme di comportamento sulla circolazione stradale e delle generali regole di prudenza, anche perché nessun incidente si era mai verificato prima.
1.21 Pertanto, è manifestamente errato, così come privo di fondamento, l’assunto del Giudicante secondo cui “concausa dell’evento di danno è la condotta imprudente del             , il quale, nonostante anche lui esperto conoscitore del funzionamento dei motori diesel (la sua società era proprietaria di quello sul quale si trovava                in attesa dello scarico), collocò il suo capo tra i due mezzi, a manovra di retromarcia conclusa ma con il motore che per inerzia ancora agiva sulle ruote motrici”.
1.22 Anche a voler trascurare la contraddizione in cui incorre il Giudice di primo grado quando qualifica la condotta del           come avventata, per poi ritenerla non imprevedibile rispetto alla serie causale innescata dall’impropria manovra di arresto del furgone effettuata dal               , dunque, non idonea ad interrompere il nesso causale tra il comportamento dell’imputato e l’evento mortale, comunque non si può rimproverare alla persona offesa di aver agito ad arresto del veicolo ultimato ma quando il motore non era completamente spento, come si legge nella sentenza impugnata.
1.23 Con riferimento al caso di specie, anche a voler condividere l’arbitraria deduzione del Giudicante secondo cui                  era un “esperto conoscitore del funzionamento dei motori diesel”, l’essere astrattamente a conoscenza del funzionamento di un motore certo non significa sapere che il freno a mano di un determinato veicolo di proprietà di terze persone è inefficiente.
Tanto meno, significa essere in grado di prevedere le modalità con le quali il conducente del mezzo procederà allo spegnimento del motore.
1.24 La persona offesa, confidando nella diligenza dell’imputato, ovvero nel fatto che quest’ultimo, nello spegnere il motore, avrebbe attuato tutte le regole di condotta e posto in essere i giusti accorgimenti al fine di non costituire pericolo, certo non poteva prevedere che il             avrebbe di contro incautamente rilasciato la frizione con la retromarcia inserita, causando il sobbalzo all’indietro del furgone dallo stesso condotto.
1.25 E’ evidente come la persona offesa, nel proprio agire, abbia fatto ragionevole affidamento nell’osservanza da parte del             dei doveri di diligenza e prudenza sussistenti in capo al medesimo in quanto conducente un veicolo. 
1.26 Ciò non può essere in alcun modo posto a fondamento della asserita sussistenza del concorso di colpa della persona offesa, come erroneamente ritenuto dal Giudice di primo grado il quale, peraltro, lo ha quantificato nella misura del 40%, indubbiamente eccessiva.
1.27 A sostegno di quanto sopra affermato, giova ricordare che, secondo pacifica e consolidata giurisprudenza, “il fondamento della responsabilità per colpa per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline consiste nel fatto che dette norme sono dirette a prevenire eventi pregiudizievoli; in particolare, norme di comportamento come quelle sulla circolazione stradale determinano anche un ragionevole affidamento sulla loro osservanza da parte di tutti gli utenti della strada(Cass. Pen., Sez. III, sentenza del 21 maggio 1995, n.5816).
*****
2.1 Ad ogni modo, anche nel caso in cui la condotta della vittima dovesse essere ritenuta casualmente collegata all’evento dannoso, il che non è, la quantificazione del concorso di colpa della persona offesa nel 40%, in ragione dei rilievi sopra svolti, è palesemente eccessiva. 
*****
 Per questi motivi, in riforma alla sentenza impugnata, vorrà la Corte d’Appello di _____________:
- affermata l’esclusiva penale responsabilità dell’imputo in ordine al reato contestato, condannarlo alla pena di giustizia ed all’integrale risarcimento di tutti i danni patiti dalle parti civili, in solido con la responsabile civile la __________, da liquidarsi in separato giudizio, accordando una provvisionale di euro 500.00,00 in favore di ciascuna delle parti civili, oltre al pagamento delle spese di parte civile.
Luogo data
Avv.


SENTENZE CIVILI
Cassazione civile, sez. un., 18/05/2011, n. 10864
Dinanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale, ciascuna compatibile con la lettera della legge, le ragioni di economico funzionamento del sistema giudiziario devono indurre l'interprete a preferire quella consolidatasi nel tempo, a meno che il mutamento dell'ambiente processuale o l'emersione di valori prima trascurati non ne giustifichino l'abbandono e consentano, pertanto, l'adozione dell'esigesi da ultimo formatosi.
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Cassazione civile, sez. un., 28/04/2011, n. 9441
L'azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. può essere esercitata anche nei confronti della p.a. che abbia tratto profitto dall'attività lavorativa di un privato non formalmente legato da un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, ma che tuttavia abbia colmato, con la sua opera, una lacuna organizzativa, fermo restando, da un lato, che l'indennizzo che da tale azione può derivare deve corrispondere all'effettivo arricchimento, provato o almeno probabile, e, dall'altro, che tale azione, stante il suo carattere sussidiario, deve ritenersi esclusa in ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, possa esercitare un'altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito; tale azione è devoluta alla giurisdizione del g.o., né rileva, per escludere l'anzidetta qualificazione, il fatto che il privato, allo scopo di quantificare la portata dell'arricchimento, abbia fatto riferimento ad importi in qualche modo correlati alla retribuzione spettante ai dipendenti pubblici.
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Cassazione civile, sez. un., 14/04/2011, n. 8491
L'art. 1137 c.c. non disciplina la forma delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata dall'art. 163 c.p.c. L'adozione della forma del ricorso non esclude l'idoneità al raggiungimento dello scopo di costituire il rapporto processuale, a patto che l'atto sia presentato al giudice, e non anche notificato, entro i trenta giorni previsti dall'art. 1137 c.c., atteso che estendere alla notificazione la necessità del rispetto del termine non risponde ad alcuno specifico e concreto interesse del convenuto, mentre grava l'attore di un incombente il cui inadempimento può non dipendere da una sua inerzia, ma dai tempi impiegati dall'ufficio giudiziario per la pronuncia del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione.

SENTENZE PENALI
Cassazione penale, sez. VI, 27/06/2011, n. 26085
Deve essere confermata la condanna per violazione degli obblighi di assistenza famigliare, anche se la Corte d'Appello ha fatto riferimento ad una somma stabilita con un provvedimento successivo ai fatti contestati, allorchè risulti comunque che l'imputato non si sia fatto carico di spese riferibili ai figli, se non in minima parte, realizzando così quell'inadempimento agli obblighi permanenti di genitore comunque costituente reato.
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Cassazione penale, sez. IV, 24/06/2011, n. 28800
L'amministratore unico di una società è responsabile delle lesioni subite da un dipendente anche se al momento dell'incidente era detenuto in carcere; per esonerarsi dalla piena responsabilità rispetto alla sicurezza e alla salute degli operai che lavoravano con lui con criteri di subordinazione avrebbe dovuto fare un atto formale di delega accettato dal delegato (nella specie, all'amministratore erano state contestate omissioni che riguardavano sia il non aver messo a disposizione del lavoratore attrezzature adeguate sia il non essersi assicurato che lo stesso ricevesse una formazione adeguata al lavoro da svolgere).
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Cassazione penale, sez. VI, 24/06/2011, n. 27651
Nel reato di calunnia, ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'imputato, occorre acquisire la prova certa che costui abbia accusato la vittima, pur essendo consapevole della sua innocenza. Tale prova ben può risultare da dati indiziari e da tracce logiche, ma gli uni e gli altri non possono che fondarsi su circostanze di fatto certe e univoche, così che la consapevolezza di innocenza dell'accusato ne risulti in modo logicamente consequenziale e coerente.
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Cassazione penale, sez. III, 15/06/2011, n. 30032
Il reato previsto dall'art. 609 quater, comma 1, n. 2 si configura quando s'instaura un rapporto fiduciario che pone l'agente in una condizione di preminenza e di autorità, anche morale, dovuta al ruolo ricoperto. In tale rapporto fiduciario quello che rileva è la qualità rivestita da soggetti che hanno particolari rapporti con i minori fra i quattordici e i sedici anni il cui equilibrio psichico viene alterato e che possono essere indotti a comportamenti non autonomamente ponderati e, comunque, per i quali è difficile discernere un consenso libero o plagiato. Così individuato il concetto di affidamento,non rilevano le eventuali argomentazioni circa l'operatività della posizione di garanzia riconosciuta ai soggetti indicati nella norma de qua quando venga a cessare il rapporto di affidamento, ostandovi sia il tenore letterale della stessa, sia il divieto d''interpretarla in malam partem sia il venir meno della presupposta condizione d'inferiorità psichica (nella specie, la Corte ha confermato l'assoluzione dal reato di cui all'art. 609 quater comma 1 n. 2 c.p., in quanto gli atti sessuali erano avvenuti alla fine del rapporto di lavoro che legava l'imputato al minore, non risultando possibile ampliare la posizione di garanzia alla fase in cui era venuto a cessare il rapporto di affidamento).
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Cassazione penale, sez. III 15/06/2011 n. 30032 (data dep. 28 luglio 2011)

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                  
                        SEZIONE TERZA PENALE                                        
ha pronunciato la seguente:                                         
                     sentenza                                       
sul ricorso proposto da:
avverso  la  sentenza  della  Corte  d'Appello  di  Catania  in  data
20.05.2010  che  ha confermato la sentenza del GIP del  Tribunale  di
Catania   13.05.2008,   appellata  dal  PM,   con   cui           S.
          M.,  nato  a  (OMISSIS),  è  stato  assolto
perchè  il  fatto non sussiste dall'imputazione di cui  all'art.  81
cpv. c.p., art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2;
Visti  gli  atti,  la sentenza denunciata, il ricorso  e  la  memoria
dell'imputato;
Sentita  in  pubblica  udienza  la relazione  del  Consigliere  dott.
Alfredo Teresi;
Sentito  il  PM  nella persona del PG, dott. IZZO Gioacchino  che  ha
chiesto il rigetto del ricorso;
Sentiti i difensori dell'imputato, avv. Pappalardo Salvatore  e  avv.
Enrico Trantino, che hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilità del
ricorso.         
OSSERVA
Con sentenza in data 20.05.2010 la Corte d'Appello di Catania confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Catania 13.05.2008, appellata dal PM, con cui S.M. è stato assolto perchè il fatto non sussiste dall'imputazione di cui all'art. 81 cpv. c.p., art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, compiuto atti sessuali rapporti orali con I.B.R., di anni 14, che gli era stata affidata, per ragioni d'istruzione, essendo la stessa impiegata presso il suo studio professionale quale apprendista segretaria.
Rilevava la corte che non era stata raggiunta la prova che l'imputato avesse compiuto atti sessuali penalmente rilevanti nel periodo 11 luglio-23 settembre 2005 in cui la minore gli era sta affidata con mansioni di segretaria, mentre era certo che rapporti sessuali erano stati consumati quanto meno il (OMISSIS) quando l'affidamento era cessato.
Riscontrata l'inattendibilità della persona offesa, alla stregua delle sue evidenti menzogne su elementi essenziali della vicenda, la corte, prese in esame le lettere che la predetta aveva inviato durante il rapporto di lavoro al legale (che le esibiva al PM); le intercettazioni telefoniche e le captazioni ambientali, perveniva al convincimento dell'esistenza di una relazione, caratterizzata da reciproca attrazione sessuale e da intima confidenza durante il rapporto di lavoro, ma non sfociata nella consumazione di atti sessuali penalmente rilevanti.
In particolare, i biglietti e le letterine dimostravano che la quattordicenne si era infatuata dello S. che assecondava la sua passione amorosa platonicamente.
Non era probante l'uso in una missiva del tu, nè il fatto che l'imputato avesse conservato gli scritti per parare eventuali accuse di avere consumato rapporti sessuali non consensuali.
Anche le intercettazioni telefoniche (che avevano interessato la convivente del professionista mostratasi gelosa dell' I. al punto di accusarlo di fottere con la ragazza e di appoggiarla nel culo; espressioni che la corte di merito riconduceva a un mero convincimento della convivente del quale non era stata indicata la matrice), capillarmente analizzate, non avevano svelato elementi denotanti con certezza che veri e propri atti sessuali fossero stati consumati, fatta eccezione per quanto era stato riscontrato nella captazione del il (OMISSIS), vale a dire la consumazione di un coito orale.
Dalla conversazione era emerso che S. aveva rimproverato la ragazza di averlo tradito con un suo amico e che la relazione sessuale durava da qualche giorno rimanendo però incerto se ciò fosse avvenuto anche prima del (OMISSIS).
La corte territoriale, infine, non aderiva alla tesi dell'accusa secondo cui gli atti sessuali consumati la sera del (OMISSIS) sarebbero punibili ai sensi dell'art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 perchè riconducibili causalmente e psicologicamente a quel rapporto d'affidamento per ragioni d'istruzione che era iniziato con l'avvio di B. presso lo studio con funzioni di apprendista segretaria e che si era concluso in coincidenza della ripresa dell'anno scolastico.
Proponeva ricorso per cassazione il PG denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sul disconoscimento della configurabilità del reato.
A parere del PG la rilettura eseguita mediante parziale rivisitazione dei rilievi della corte d'appello dei dati emergenti dalle missive della minore, dalle intercettazioni telefoniche e dalle captazioni ambientali portava a opposto risultato considerando che:
- era stata illogicamente privilegiata l'inverosimile spiegazione dell'imputato d'aver trattenuto gli scritti (in una gli veniva dato il tu) perchè lo gratificavano;
dalla conversazione tra l'imputato e B. del (OMISSIS) era emerso che essa aveva scritto che l'uomo le aveva detto "che ho la pancia sexi e un bel seno";
nelle conversazioni intercettate il 26.08.2005 la gelosa convivente aveva detto all'imputato "la appoggia nel culo", "gli fa i pompini";
"si permette di fottere con lui";
- dalla conversazione tra S. e B. captata il 30.08.2005 emergerebbe che il primo non aveva esplicitamente smentito alla convivente di avere commesso atti sessuali con l'apprendista;
- dalla captazione ambientale del 11.10.2005 risultava che l'imputato sospettava che la giovane lo tradisse con un suo amico e l'aveva minacciata di lasciarla se avesse scoperto che aveva fatto un pompino ad E. con cui aveva litigato il "(OMISSIS)".
Col secondo motivo il ricorrente denunciava erronea interpretazione del concetto di affidamento di cui all'art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 operante anche se non più attuale al momento del fatto, sicchè gli atti sessuali commessi a rapporto di affidamento cessato potevano essere ricondotti, nel caso di specie, causalmente e psicologicamente al detto rapporto perchè gli effetti della posizione di supremazia del datore di lavoro, che vizia il consenso, si proiettano oltre l'ambito spaziale e temporale del rapporto.
Chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
Il primo motivo è inammissibile perchè articola censure di ordine meramente fattuale, improponibili in sede di legittimità.
E' stata, infatti, avanzata una diversa ricostruzione dei fatti segnalando alcuni elementi che sono stati congruamente valutati dai giudici di merito i quali hanno adottato una decisione che non presenta alcuna lacuna motivazionale, nè cadute logiche sull'esame dei dati probatori raccolti (compresa la captazione ambientale del 11.10.2005 da cui non è dato inferire che il 23 settembre 2005 "seguendo le condivisibili considerazioni svolte dalla Corte ... vi era stato già il compimento di atti sessuali tra l'imputato e la minore, consistenti in rapporti orali" stante che la Corte aveva semplicemente notato che "fare un pompino è un atto sessuale evidentemente tipico e caratteristico del modo in cui, da parte dei due uomini, ci si aspetta che la I. si comporti nella relazione sessuale con loro".
Non è, quindi, ravvisabile l'asserita illogicità della motivazione che, per essere apprezzabile come vizio denunciatole, deve essere evidente, cioè di spessore tale da essere percepibile ictu aculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794.
Il ricorrente lamenta che i giudici di merito abbiano travisato le prove raccolte, ma la censura, priva di valide argomentazioni di supporto, si risolve in asserzioni totalmente avulse da quanto esposto con dovizia di approfondimenti dalla corte territoriale che ha vagliato le acquisizioni processuali e i rilievi dell'atto di appello ritenendoli inidonei a sovvertire la decisione di primo grado.
Pertanto la decisione sulla responsabilità, contrariamente al dedotto, non si è sottratta all'obbligo di fornire un quadro giustificativo della ritenuta non colpevolezza dell'imputato, per il periodo in cui vigeva l'affidamento della minore, in termini che certamente non possono essere tacciati d'illogicità.
Il secondo motivo è infondato.
Il delitto di cui all'art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 riguarda il minore degli anni sedici ma maggiore degli anni quattordici cui è riservata una tutela rispetto a persone che su di lui possono esercitare suggestioni o condizionamenti per il presentarsi di occasioni frequenti di stretto contatto, per l'instaurarsi nel minore di uno speciale rapporto di fiducia; per il pericolo che egli accondiscenda alle loro richieste per assecondarle o per tema di reazioni così da determinare una limitazione della libertà di scelta.
Questa soggezione particolare impedisce di ritenere libero il consenso prestato dal minore, perchè il compimento degli atti sessuali è reso possibile o agevolato dalla sussistenza delle suddette qualità e dei rapporti ivi indicati.
hi sostanza, il reato si configura quando s'instaura un rapporto fiduciario che pone l'agente in una condizione di preminenza e di autorità, anche morale, dovuta al ruolo ricoperto.
Per evitare indebite estensioni, è opportuno rilevare che nel rapporto fiduciario quello che rileva è la qualità rivestita da soggetti che hanno particolari rapporti con i minori fra i quattordici e i sedici anni il cui equilibrio psichico viene alterato e che possono essere indotti a comportamenti non autonomamente ponderati e, comunque, per i quali è difficile discendere un consenso libero o plagiato.
Così individuato il concetto di affidamento, è evidente che non assumono rilievo le argomentazioni del ricorrente circa l'operatività della posizione di garanzia riconosciuta ai soggetti indicati nella norma de qua quando venga a cessare il rapporto di affidamento, come nel caso in esame, ostandovi sia il tenore letterale della stessa, sia il divieto d'interpretarla in malam partem sia il venir meno della presupposta condizione d'inferiorità psichica.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso del PG. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2011